Per chi ha voglia di sgranchirsi un po' la mente...;)
Cercasi aikidoka disposti a sudare per una pratica divertente e creativa.
Astenersi mufloni e perditempo!!
26 febbraio 2012
25 febbraio 2012
Kaname Ariga Sensei e Shoto Kai Karate do
Nel mio ultimo viaggio di allenamento ho avuto modo di incontrare un insegnante che mi ha davvero emozionato.
Si chiama Kaname Ariga, e la sua pratica è esattamente quello che l'Aikido si propone di essere: Dinamica, mobile, centrata, potente, adattiva, bella e divertente.
Non troverete niente o quasi di Ariga San per la rete, perché è timido e tradizionalista, da questo punto di vista.
Ma credetemi, se volete vedere qualcosa di veramente, ma VERAMENTE interessante, non lasciatevelo sfuggire.
Troverete propedeutici divertenti, attacchi sinceri, tecniche semplici e mutevoli, tanta umiltà e sorrisi a scialare.
Per capire di chi sto parlando:
"Ariga San, ti alleni spesso all'Hombu Dojo?"
"Fabio San, veramente ci vado due o tre volte l'anno.
Ma spesso anche di meno..."
Nello stesso seminario, un amico mi ha mostrato un video di una disciplina senza dirmi quale fosse.
Mi ha incuriosito moltissimo e lo ammetto, non ci ero arrivato nemmeno un po' al fatto che si trattasse di Karate!
Ma guardate voi, e ditemi se non avevo le mie attenuanti!
Si chiama Kaname Ariga, e la sua pratica è esattamente quello che l'Aikido si propone di essere: Dinamica, mobile, centrata, potente, adattiva, bella e divertente.
Non troverete niente o quasi di Ariga San per la rete, perché è timido e tradizionalista, da questo punto di vista.
Ma credetemi, se volete vedere qualcosa di veramente, ma VERAMENTE interessante, non lasciatevelo sfuggire.
Troverete propedeutici divertenti, attacchi sinceri, tecniche semplici e mutevoli, tanta umiltà e sorrisi a scialare.
Per capire di chi sto parlando:
"Ariga San, ti alleni spesso all'Hombu Dojo?"
"Fabio San, veramente ci vado due o tre volte l'anno.
Ma spesso anche di meno..."
Nello stesso seminario, un amico mi ha mostrato un video di una disciplina senza dirmi quale fosse.
Mi ha incuriosito moltissimo e lo ammetto, non ci ero arrivato nemmeno un po' al fatto che si trattasse di Karate!
Ma guardate voi, e ditemi se non avevo le mie attenuanti!
10 febbraio 2012
Il gioco, il nano e l'intelligenza artificiale
Che ci crediate o meno, anche io da ragazzo ero appassionato di videogiochi.
Certo, niente di "poligonale" o "tridimensionale" o nulla che avesse a che fare col "multyplaying" o col "net gaming"...roba che 20 anni fa nemmeno ci sognavamo...
Ma ad ogni modo arcades di tutto rispetto, che nei loro personaggi pixeliformi e nei loro suoni monocordi ci facevano sognare e divertire mica poco!
Il mio preferito era,e che ve lo dico a fare, il mitico ed intramontabile "Street Fighter II".
Ora, quelli che non hanno idea di cosa stia parlando, di corsa e senza far rumore a fare i compiti Q U I.
Gli altri, ovviamente, staranno fatti ad adrenalina, gridando "HADOUKEN" nelle loro teste da vecchi nerds.
Mi ricordo che mi imbattei in questo coin up che ero proprio ragazzino,durante un viaggio con i miei e fu amore a prima vista.
La prima volta che ci giocai, persi di botto tutta la paghetta settimanale.
Ne valse la pena, però.
Passai sei giorni da povero ma felice.
Negli anni furono tante le paghette che giocai nei panni di Ryu, Ken o Chun Li, i miei personaggi preferiti, finchè, una sconfitta dopo l'altra, diventai sempre più forte.
Il trucco era semplice: per quanto forte fosse un avversario, esso era sempre e comunque controllato da un'intelligenza artificiale, pronta a tutta una serie di azioni e reazioni calcolate, meno che alle variabili.
Zangief, per esempio, era un cazzutissimo lottatore di Sambo contro le cui prese non esisteva contromossa.
Nonappena ti teneva a tiro, si catapultava in zompi degni di un tuffatore e ti schiantava al suolo trattandoti come un sacchetto della spazzatura.
Pronto a difendersi contro le tue prese, i tuoi colpi segreti ed i tuoi attacchi combinati, impazziva letteralmente se cominciavi a saltare sul posto distendendo semplicemente una gamba.
Cercava di afferrarti, e sbatteva ripetutamente contro il tuo piede, suicidandosi!
Così pure Blanka, feroce lupo mannaro brasiliano, capace di folgorarti con scosse elettriche e di rinchiudersi a macigno e fiondarsi contro di te a piena velocità.
Se cominciavi a picchiettare l'aria col jab, non poteva fare a meno di avvicinarsi e beccarsi tutte le mazzate di questo mondo.
La regola valeva per ognuno dei personaggi avversari.
C'era sempre un modo di battere un nemico controllato dal computer.
Semplicemente perché questo era programmato per reagire casualmente ad una serie di situazioni più o meno limitate, basate su un numero finito di condizioni previste.
Così Balrog era fortissimo coi pugni, ma era una pippa contro le spazzate.
Vega era velocissimo nelle cariche, ma sempre scoperto quando arretrava.
Ed io accumulavo barba sul mento e punti su punti e firmavo col mio nome i primi posti delle Hall's of fame nelle sale giochi.
Finchè un giorno non comparve improvvisamente una scritta sullo schermo : "HERE COMES NEW CHALLANGER!"
Un moccioso di sette-otto anni, che a stento arrivava ai comandi, entrò in gioco e mi sfidò.
Gli sorrisi alla Jigen, pensando tra me e me che finalmente toccava a qualcun altro arricchire la Sala Giochi con la sua paghetta.
Mi ricordo che il tappo scelse senza esitare il lupo mannaro.
Ovviamente conoscevo perfettamente la manovra ber batterlo...
"Sei mio, nano!" mi dissi fra i denti...
Appena cominciai a sparare la mia raffica di Jab, quel demonio bonsai rimbalzò letteralmente sulla parete e mi si fiondò addosso, azzannandomi alla gola ed essiccando il mio Ryu come uno scarrafone morto sotto il Sole.
Provai molte volte a battere quel puffo malefico, ma ne uscii mortificato, impoverito e mazziato per benino.
Da allora giurai a me stesso che non mi sarei più allenato con intelligenze limitate, schemi ristretti e reazioni condizionate.
Volevo imparare facendo pratica con chi poteva improvvisare ed adeguare i suoi attacchi e le sue risposte, trovando sempre nuove strategie per sorprendermi e mettermi in difficoltà.
E solo quando avrei reagito immediato e letale, adattandomi alle sorprese ed agli stratagemmi, alle risposte imprevedibili ed a mosse che non avevo mai visto prima, solo allora mi sarei ritenuto veramente forte.
Significò perdere molte volte ed imparare la tenacia ed il distacco dall'ego.
Ma fui ripagato di tutto quando vinsi il campionato regionale di "Street Fighter II", alla Mostra d'Oltremare, nel lontano '92...
Certo, niente di "poligonale" o "tridimensionale" o nulla che avesse a che fare col "multyplaying" o col "net gaming"...roba che 20 anni fa nemmeno ci sognavamo...
Ma ad ogni modo arcades di tutto rispetto, che nei loro personaggi pixeliformi e nei loro suoni monocordi ci facevano sognare e divertire mica poco!
Il mio preferito era,e che ve lo dico a fare, il mitico ed intramontabile "Street Fighter II".
Ora, quelli che non hanno idea di cosa stia parlando, di corsa e senza far rumore a fare i compiti Q U I.
Gli altri, ovviamente, staranno fatti ad adrenalina, gridando "HADOUKEN" nelle loro teste da vecchi nerds.
Mi ricordo che mi imbattei in questo coin up che ero proprio ragazzino,durante un viaggio con i miei e fu amore a prima vista.
La prima volta che ci giocai, persi di botto tutta la paghetta settimanale.
Ne valse la pena, però.
Passai sei giorni da povero ma felice.
Negli anni furono tante le paghette che giocai nei panni di Ryu, Ken o Chun Li, i miei personaggi preferiti, finchè, una sconfitta dopo l'altra, diventai sempre più forte.
Il trucco era semplice: per quanto forte fosse un avversario, esso era sempre e comunque controllato da un'intelligenza artificiale, pronta a tutta una serie di azioni e reazioni calcolate, meno che alle variabili.
Zangief, per esempio, era un cazzutissimo lottatore di Sambo contro le cui prese non esisteva contromossa.
Nonappena ti teneva a tiro, si catapultava in zompi degni di un tuffatore e ti schiantava al suolo trattandoti come un sacchetto della spazzatura.
Pronto a difendersi contro le tue prese, i tuoi colpi segreti ed i tuoi attacchi combinati, impazziva letteralmente se cominciavi a saltare sul posto distendendo semplicemente una gamba.
Cercava di afferrarti, e sbatteva ripetutamente contro il tuo piede, suicidandosi!
Così pure Blanka, feroce lupo mannaro brasiliano, capace di folgorarti con scosse elettriche e di rinchiudersi a macigno e fiondarsi contro di te a piena velocità.
Se cominciavi a picchiettare l'aria col jab, non poteva fare a meno di avvicinarsi e beccarsi tutte le mazzate di questo mondo.
La regola valeva per ognuno dei personaggi avversari.
C'era sempre un modo di battere un nemico controllato dal computer.
Semplicemente perché questo era programmato per reagire casualmente ad una serie di situazioni più o meno limitate, basate su un numero finito di condizioni previste.
Così Balrog era fortissimo coi pugni, ma era una pippa contro le spazzate.
Vega era velocissimo nelle cariche, ma sempre scoperto quando arretrava.
Ed io accumulavo barba sul mento e punti su punti e firmavo col mio nome i primi posti delle Hall's of fame nelle sale giochi.
Finchè un giorno non comparve improvvisamente una scritta sullo schermo : "HERE COMES NEW CHALLANGER!"
Gli sorrisi alla Jigen, pensando tra me e me che finalmente toccava a qualcun altro arricchire la Sala Giochi con la sua paghetta.
Mi ricordo che il tappo scelse senza esitare il lupo mannaro.
Ovviamente conoscevo perfettamente la manovra ber batterlo...
"Sei mio, nano!" mi dissi fra i denti...
Appena cominciai a sparare la mia raffica di Jab, quel demonio bonsai rimbalzò letteralmente sulla parete e mi si fiondò addosso, azzannandomi alla gola ed essiccando il mio Ryu come uno scarrafone morto sotto il Sole.
Provai molte volte a battere quel puffo malefico, ma ne uscii mortificato, impoverito e mazziato per benino.
Da allora giurai a me stesso che non mi sarei più allenato con intelligenze limitate, schemi ristretti e reazioni condizionate.
Volevo imparare facendo pratica con chi poteva improvvisare ed adeguare i suoi attacchi e le sue risposte, trovando sempre nuove strategie per sorprendermi e mettermi in difficoltà.
E solo quando avrei reagito immediato e letale, adattandomi alle sorprese ed agli stratagemmi, alle risposte imprevedibili ed a mosse che non avevo mai visto prima, solo allora mi sarei ritenuto veramente forte.
Significò perdere molte volte ed imparare la tenacia ed il distacco dall'ego.
Ma fui ripagato di tutto quando vinsi il campionato regionale di "Street Fighter II", alla Mostra d'Oltremare, nel lontano '92...
5 febbraio 2012
Il Pensiero laterale, il Taisabaki ed i Sette Passetti
Tutti coloro che hanno avuto esperienze con altre discipline concordano col dire che l'Aikido è uno sile completamente sui generis.
Come se dire "strana" fosse un'offesa mortale....^_^
Io credo che la verità sia che l'Aikido affronta il combattimento con una mente laterale.
Avete presente "Il Pensiero Laterale", di Edward de Bono?
A me ne parlò un carissimo allievo, quando mi regalò questo libricino molto particolare.
Se non sapete di cosa si tratta date un'occhiata QUI, ma se vi capita ed avete un po' di tempo tra l'allenamento ed il caxxeggio online, andate nella libreria più vicina e chiedete di lui.
In breve si tratta di non valutare la soluzione a partire dal problema dato.
Ma valutare il problema in modo da vederlo in maniera differente e trovare una soluzione per la quale esso non si è ancora organizzato a dovere.
Non è una disciplina o una materia scolastica ma un vero e proprio modo di vedere la vita.
L'Aikido, per esempio, fa un uso similare della questione "Equilibrio", che è il fondamento di tutto il Budo nipponico ( e non solo!).
Laddove in genere si lotta per mantenere l'equilibrio quanto più stabile possibile, nelle soluzioni classiche, l'Aikido sceglie di giocare tra stabilità ed instabilità, per servirsi al massimo della forza peso.
Parlando con la bocca piena, potremmo dire che passiamo da un'equilibrio del singolo ad un equilibrio della coppia, giocando sulla mobilità per prenderne il controllo.
"Mobilità", una parolina magica che anno dopo anno non smette di stupirmi, tirando fuori dal sacco conigli sempre più grossi.
Nella famosa lingua "Aiki Giappana" quando si parla di mobilità ci si riferisce al Tai Sabaki.
Una volta lessi da qualche parte una traduzione romanzata di questo termine.
L'autore diceva che "Sabaki" significava "Tagliare", ed era utilizzato in sartoria nell'accezione di "Tagliare con precisione, senza dover modellare e senza sprecare pezzi di stoffa".
Rapportando questo significato al corpo (Tai), l'idea diviene quella di muoversi senza aggiustarsi, in maniera semplice, precisa, chirurgica.
Probabilmente una traduzione fin troppo fantasiosa, ma mi piace pensare che sia giusta così...
Dunque, come si manifesta il Tai Sabaki quando saliamo su un tatami e cominciamo ad allenare le basi?
Tenkan, Irimitenkan, Ayumi-Okuri e Tsuki Ashi. E qualcuno ci mette anche Tenshin e Ushiro Tenkan.
Nientepocodimeno che ben 7, dico SETTE, modi di muoversi sotto attacco.
Minkia!
Se qualcuno mi dicesse che ho sette modi di attraversare la strada, ben schematizzati, organizzati e catalogati, sono certo che presto o tardi finirei stampato sull'asfalto...
Due qualità mancano a questa lista, e sono LIBERTA' e SEMPLICITA'.
Robetta da niente, insomma.
Solo che è proprio quella che ti salva le braghe quando attraversi Corso Amerigo Vespucci.
Dico la mia:
Se voglio andare a sinistra, penso di andarci ed il piede va da solo.
Se mi fermo a pensare a COME spostare il peso e muovere i piedi, quantomeno incespico.
Ma è una mia idea, molti invece preferiscono che qualcuno dica loro come poggiare a terra i loro allucioni, come respirare e a cosa pensare mentre si muovono.
Grazie mille, Televisione!
Ad ogni modo torniamo sul Tai Sabaki.
In prima istanza esso si riferisce alla possibilità di muovere la propria struttura nello spazio.
Ci si sposta in relazione a ciò che ci circonda, cioè l'ambiente e l'attaccante.
E' importante sapere Come?
Secondo me si.
Ma nella maniera in cui si imparano i principi con cui ottimizzare le proprie risorse, e non la sequenza in "marionetta style" con cui spostarmi dai 180 ai 45 gradi!
Quando sono sotto attacco, soprattutto in randori, ho più voglia di rotolarmi nudo ed ubriaco fra i cocci di vetro che di fermarmi a ricordare tutti i passettini giusti e quelli sbagliati!
In secondo luogo "Tai" si riferisce al corpo. A tutto il corpo!
Quando parliamo di Tai sabati ci riferiamo alla maniera di organizzare esattamente tutto il nostro corpo in un movimento, e non solo i piedi!
Quindi nella filosofia del "Tutto Preorganizzato" dovremmo sapere non solo come mettere gli appoggi, ma anche come allineare le braccia, la testa, le spalle, i gomiti, come posizionare il bacino e le ginocchia e come muovere le vertebre e le scapole.
E tutto per OGNI movimento.....
Non basterebbe Wikipedia, mi sa...
Dunque ciò che resta da fare è definire i criteri secondo cui muovere sé stessi, in modo da farlo con "Semplicità e Naturalezza".
In questo studio, la posturologia ci viene incontro: testa sulle spalle, spalle basse,gomiti chiusi, schiena dritta ma mobile, bacino retroverso, ginocchia flessibili ed allineate con la punta dei piedi.
Tutto qui, se vi pare poco.
Ma una volta rispettati questi criteri, ci si può muovere come si vuole, perché ciò che ne deriverà sarà fisiologico e biomeccanicamente ottimale.
Definito questo, però, abbiamo dato una nuova accezione al termine "Mobilità-Sabaki".
Abbiamo specificato il secondo stadio: quello della mobilità INTERNA alla struttura.
Se pensiamo al corpo come ad una sequenza di cerniere, comprendiamo facilmente che la mobilità della singola cerniera aumenta considerevolmente la disponibilità e le possibilità di adattamento dell'intera struttura.
La domanda ora nasce spontanea:
come si può lavorare sulle cerniere in modo da ottimizzarne il movimento ed ottenere un corpo sbloccato?
Ognuno ha i suoi metodi.
Qualcuno non ne parla e non ci lavora, lasciando agli allievi l'onere di scoprirlo.
Io ho notato che la maggior parte delle volte, invece di togliere ciò che blocca il movimento (i muscoli antagonisti), gli allievi sono portati ad aumentare la forza di ciò che effettua l'azione (i muscoli agonisti), ottenendo un Aikido che sa sempre più di attività sportiva e scordandosi di una piccola clausula chiamata "principio di economia dell'azione".
Io ho i miei, fatti di esercizi propiocettivi, stretching attivo e propedeutici con gli attrezzi e col compagno.
Non è detto che siano i migliori, ma sono miei, mi ci trovo bene ed i ragazzi imparano alla svelta e si divertono un casino.
Che è il primo dei motivi per cui scelgono di fare Aikido...
Come se dire "strana" fosse un'offesa mortale....^_^
Io credo che la verità sia che l'Aikido affronta il combattimento con una mente laterale.
Avete presente "Il Pensiero Laterale", di Edward de Bono?
A me ne parlò un carissimo allievo, quando mi regalò questo libricino molto particolare.
Se non sapete di cosa si tratta date un'occhiata QUI, ma se vi capita ed avete un po' di tempo tra l'allenamento ed il caxxeggio online, andate nella libreria più vicina e chiedete di lui.
In breve si tratta di non valutare la soluzione a partire dal problema dato.
Ma valutare il problema in modo da vederlo in maniera differente e trovare una soluzione per la quale esso non si è ancora organizzato a dovere.
Non è una disciplina o una materia scolastica ma un vero e proprio modo di vedere la vita.
L'Aikido, per esempio, fa un uso similare della questione "Equilibrio", che è il fondamento di tutto il Budo nipponico ( e non solo!).
Laddove in genere si lotta per mantenere l'equilibrio quanto più stabile possibile, nelle soluzioni classiche, l'Aikido sceglie di giocare tra stabilità ed instabilità, per servirsi al massimo della forza peso.
Parlando con la bocca piena, potremmo dire che passiamo da un'equilibrio del singolo ad un equilibrio della coppia, giocando sulla mobilità per prenderne il controllo.
"Mobilità", una parolina magica che anno dopo anno non smette di stupirmi, tirando fuori dal sacco conigli sempre più grossi.
Nella famosa lingua "Aiki Giappana" quando si parla di mobilità ci si riferisce al Tai Sabaki.
Una volta lessi da qualche parte una traduzione romanzata di questo termine.
L'autore diceva che "Sabaki" significava "Tagliare", ed era utilizzato in sartoria nell'accezione di "Tagliare con precisione, senza dover modellare e senza sprecare pezzi di stoffa".
Rapportando questo significato al corpo (Tai), l'idea diviene quella di muoversi senza aggiustarsi, in maniera semplice, precisa, chirurgica.
Probabilmente una traduzione fin troppo fantasiosa, ma mi piace pensare che sia giusta così...
Dunque, come si manifesta il Tai Sabaki quando saliamo su un tatami e cominciamo ad allenare le basi?
Tenkan, Irimitenkan, Ayumi-Okuri e Tsuki Ashi. E qualcuno ci mette anche Tenshin e Ushiro Tenkan.
Nientepocodimeno che ben 7, dico SETTE, modi di muoversi sotto attacco.
Minkia!
Se qualcuno mi dicesse che ho sette modi di attraversare la strada, ben schematizzati, organizzati e catalogati, sono certo che presto o tardi finirei stampato sull'asfalto...
Due qualità mancano a questa lista, e sono LIBERTA' e SEMPLICITA'.
Robetta da niente, insomma.
Solo che è proprio quella che ti salva le braghe quando attraversi Corso Amerigo Vespucci.
Dico la mia:
Se voglio andare a sinistra, penso di andarci ed il piede va da solo.
Se mi fermo a pensare a COME spostare il peso e muovere i piedi, quantomeno incespico.
Ma è una mia idea, molti invece preferiscono che qualcuno dica loro come poggiare a terra i loro allucioni, come respirare e a cosa pensare mentre si muovono.
Grazie mille, Televisione!
Ad ogni modo torniamo sul Tai Sabaki.
In prima istanza esso si riferisce alla possibilità di muovere la propria struttura nello spazio.
Ci si sposta in relazione a ciò che ci circonda, cioè l'ambiente e l'attaccante.
E' importante sapere Come?
Secondo me si.
Ma nella maniera in cui si imparano i principi con cui ottimizzare le proprie risorse, e non la sequenza in "marionetta style" con cui spostarmi dai 180 ai 45 gradi!
Quando sono sotto attacco, soprattutto in randori, ho più voglia di rotolarmi nudo ed ubriaco fra i cocci di vetro che di fermarmi a ricordare tutti i passettini giusti e quelli sbagliati!
In secondo luogo "Tai" si riferisce al corpo. A tutto il corpo!
Quando parliamo di Tai sabati ci riferiamo alla maniera di organizzare esattamente tutto il nostro corpo in un movimento, e non solo i piedi!
Quindi nella filosofia del "Tutto Preorganizzato" dovremmo sapere non solo come mettere gli appoggi, ma anche come allineare le braccia, la testa, le spalle, i gomiti, come posizionare il bacino e le ginocchia e come muovere le vertebre e le scapole.
E tutto per OGNI movimento.....
Non basterebbe Wikipedia, mi sa...
Dunque ciò che resta da fare è definire i criteri secondo cui muovere sé stessi, in modo da farlo con "Semplicità e Naturalezza".
In questo studio, la posturologia ci viene incontro: testa sulle spalle, spalle basse,gomiti chiusi, schiena dritta ma mobile, bacino retroverso, ginocchia flessibili ed allineate con la punta dei piedi.
Tutto qui, se vi pare poco.
Ma una volta rispettati questi criteri, ci si può muovere come si vuole, perché ciò che ne deriverà sarà fisiologico e biomeccanicamente ottimale.
Definito questo, però, abbiamo dato una nuova accezione al termine "Mobilità-Sabaki".
Abbiamo specificato il secondo stadio: quello della mobilità INTERNA alla struttura.
Se pensiamo al corpo come ad una sequenza di cerniere, comprendiamo facilmente che la mobilità della singola cerniera aumenta considerevolmente la disponibilità e le possibilità di adattamento dell'intera struttura.
La domanda ora nasce spontanea:
come si può lavorare sulle cerniere in modo da ottimizzarne il movimento ed ottenere un corpo sbloccato?
Ognuno ha i suoi metodi.
Qualcuno non ne parla e non ci lavora, lasciando agli allievi l'onere di scoprirlo.
Io ho notato che la maggior parte delle volte, invece di togliere ciò che blocca il movimento (i muscoli antagonisti), gli allievi sono portati ad aumentare la forza di ciò che effettua l'azione (i muscoli agonisti), ottenendo un Aikido che sa sempre più di attività sportiva e scordandosi di una piccola clausula chiamata "principio di economia dell'azione".
Io ho i miei, fatti di esercizi propiocettivi, stretching attivo e propedeutici con gli attrezzi e col compagno.
Non è detto che siano i migliori, ma sono miei, mi ci trovo bene ed i ragazzi imparano alla svelta e si divertono un casino.
Che è il primo dei motivi per cui scelgono di fare Aikido...
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