10 febbraio 2012

Il gioco, il nano e l'intelligenza artificiale

Che ci crediate o meno, anche io da ragazzo ero appassionato di videogiochi.

Certo, niente di "poligonale" o "tridimensionale" o nulla che avesse a che fare col "multyplaying" o col "net gaming"...roba che 20 anni fa nemmeno ci sognavamo...

Ma ad ogni modo arcades di tutto rispetto, che nei loro personaggi pixeliformi e nei loro suoni monocordi ci facevano sognare e divertire mica poco!

Il mio preferito era,e che ve lo dico a fare, il mitico ed intramontabile "Street Fighter II".




Ora, quelli che non hanno idea di cosa stia parlando, di corsa e senza far rumore a fare i compiti Q U I.

Gli altri, ovviamente, staranno fatti ad adrenalina, gridando "HADOUKEN" nelle loro teste da vecchi nerds.

Mi ricordo che mi imbattei in questo coin up che ero proprio ragazzino,durante un viaggio con i miei e fu amore a prima vista.

La prima volta che ci giocai, persi di botto tutta la paghetta settimanale.
Ne valse la pena, però.
Passai sei giorni da povero ma felice.



Negli anni furono tante le paghette che giocai nei panni di Ryu, Ken o Chun Li, i miei personaggi preferiti, finchè, una sconfitta dopo l'altra, diventai sempre più forte.


Il trucco era semplice: per quanto forte fosse un avversario, esso era sempre e comunque controllato da un'intelligenza artificiale, pronta a tutta una serie di azioni e reazioni calcolate, meno che alle variabili.

Zangief, per esempio, era un cazzutissimo lottatore di Sambo contro le cui prese non esisteva contromossa.
Nonappena ti teneva a tiro, si catapultava in zompi degni di un tuffatore e ti schiantava al suolo trattandoti come un sacchetto della spazzatura.

Pronto a difendersi contro le tue prese, i tuoi colpi segreti ed i tuoi attacchi combinati, impazziva letteralmente se cominciavi a saltare sul posto distendendo semplicemente una gamba.

Cercava di afferrarti, e sbatteva ripetutamente contro il tuo piede, suicidandosi!

Così pure Blanka, feroce lupo mannaro brasiliano, capace di folgorarti con scosse elettriche e di rinchiudersi a macigno e fiondarsi contro di te a piena velocità.




Se cominciavi a picchiettare l'aria col jab, non poteva fare a meno di avvicinarsi e beccarsi tutte le mazzate di questo mondo.

La regola valeva per ognuno dei personaggi avversari.
C'era sempre un modo di battere un nemico controllato dal computer.

Semplicemente perché questo era programmato per reagire casualmente ad una serie di situazioni più o meno limitate, basate su un numero finito di condizioni previste.

Così Balrog era fortissimo coi pugni, ma era una pippa contro le spazzate.
Vega era velocissimo nelle cariche, ma sempre scoperto quando arretrava.

Ed io accumulavo barba sul mento e punti su punti e firmavo col mio nome i primi posti delle Hall's of fame nelle sale giochi.

Finchè un giorno non comparve improvvisamente una scritta sullo schermo : "HERE COMES NEW CHALLANGER!"

Un moccioso di sette-otto anni, che a stento arrivava ai comandi, entrò in  gioco e mi sfidò.

Gli sorrisi alla Jigen, pensando tra me e me che finalmente toccava a qualcun altro arricchire la Sala Giochi con la sua paghetta.



Mi ricordo che il tappo scelse senza esitare il lupo mannaro.

Ovviamente conoscevo perfettamente la manovra ber batterlo...
"Sei mio, nano!" mi dissi fra i denti...

Appena cominciai a sparare la mia raffica di Jab, quel demonio bonsai rimbalzò letteralmente sulla parete e mi si fiondò addosso, azzannandomi alla gola ed essiccando il mio Ryu come uno scarrafone morto sotto il Sole.



Provai molte volte a battere quel puffo malefico, ma ne uscii mortificato, impoverito e mazziato per benino.

Da allora giurai a me stesso che non mi sarei più allenato con intelligenze limitate, schemi ristretti e reazioni condizionate.

Volevo imparare facendo pratica con chi poteva improvvisare ed adeguare i suoi attacchi e le sue risposte, trovando sempre nuove strategie per sorprendermi e mettermi in difficoltà.
E solo quando avrei reagito immediato e letale, adattandomi alle sorprese ed agli stratagemmi, alle risposte imprevedibili ed a mosse che non avevo mai visto prima, solo allora mi sarei ritenuto veramente forte.




Significò perdere molte volte ed imparare la tenacia ed il distacco dall'ego.
Ma fui ripagato di tutto quando vinsi il campionato regionale di "Street Fighter II", alla Mostra d'Oltremare, nel lontano '92...




6 commenti:

  1. ahahaha cosa sei andato a ripescare! ^___^ quei personaggi erano terribilmente rigidi e un pò lenti, ma quando iniziavi a saltare da una parte all'altra non ce n'era per nessuno...mio fratello mi ha maledetto in ogni lingua possibile perchè i suoi hadouken non servivano a nulla contro una Chun-Li saltellante ( e lui, come te, aveva consumato in sala giochi miliardi di paghette, mentre io imparavo gratis da casa con le prime console)...ad ogni modo, anche questo post genera molte riflessioni per noi calcatori di tatami...saluti ^__^

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    1. Come sempre, l'avversario più spaventoso è quello che premeva i bottoni a casaccio...^_^

      Ciò che non controlliamo ci spaventa, perché ci costringe ad uscire dalle nostre testoline ed a vivere l'attimo presente.

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  2. Complimenti Fabio!! E chi l'avrebbe mai detto...campione regionale...che spettacolo :D

    Beh comunque, credo che sia stato il modo migliore per insegnare a non focalizzarsi e impadronirsi degli schemi precostituiti. Se pur riuscissimo ad impararne anche tantissimi, finiremmo al tappeto in men che non si dica al cospetto di un imprevisto.

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    1. E' così ovvio,eppure l'Uomo trema al pensiero di non avere tutte le risposte nel Manuale delle Giovani Marmotte!
      ^_^

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  3. Illuminante ed illuminato come sempre si deve certe volte pensare di non pensare agire concentrandosi sul momento la vita è lì ogni momento la vita è lì bisogna quindi vivere ogni momento della propria vta come se fosse l'ultimo per poter veramente dire sono un uomo Mario

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    1. Ottimo intervento!
      Questo è lo Zen ed è l'essenza di tutto il Budo,secondo me.

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