31 maggio 2011

Piccoli Grandi Pensieri 2

"L'obiettivo primario della pratica non è l'efficacia. Quella arriva da sola, se si lavora bene. Ma l'obiettivo principale è la saggezza. Imparare ad utilizzare il corpo e la mente nel modo migliore e disimparare ciò che ci frena. Così,alla fine, saremo puri come dei bambini e forti come guerrieri"
Seishiro Endo Sensei
(ma anche, per sua illuminazione, Augusto Guarino Sensei!!)

29 maggio 2011

Un ripasso dei principi- Endo Shihan



Questo video è stato girato il 28 di maggio, alla 49 esima edizione della All Japan Demostation, praticamente la sagra dell'aikido giapponese.
In rete si trovano una serie di dimostrazioni di grandissimi shihan, di una decina circa di edizioni di questo festival o di altri, non giapponesi, altrettanto rispettabili.

Questo maestro, fra tutti, è uno dei pochi ad improvvisare sempre l'embukai.
Se li guardate in successione, non c'è una dimostrazione uguale alla precedente, cosa veramente rara in questi ambienti.
Laddove, di solito, si prepara una coreografia e la si mette in scena perlomeno per qualche anno prima  di modificarla di un paio di virgole, questo tizio, con i suoi 68 anni suonati, sale sul tatami, pubblicamente, e segue il suo cuore.

Quest'anno la sua dimostrazione è stata un giro di principi di base.
Sono forme assolutamente differenti dagli schemi canonici, direi essenziali, all'inizio.
Ma gravide di principi tanto che ci si potrebbe scrivere un libro sull'Aikido.

Provo a chiamare l'attenzione di chi segue le mie lezioni su qualcuno dei punti che di solito trattiamo ai nostri corsi:

sec.0,12: TRIANGOLO SOLIDO

sec 0,14: PUNTO DI TRIANGOLAZIONE OMOTE.

sec. 0,16: VERTICALIZZAZIONE:

min. 1,07: CREARE LO SPAZIO.

min. 1,09: PRESSIONE INDIRETTA.

min 1.18: ASSE DI RIFERIMENTO.

min 1.40: PRINCIPIO DI ASPIRAZIONE DELL'ATTACCO.

min. 2.00: TRIANGOLO FLUIDO

min. 2,24: SPAZIO VERTICALE.

min 2.40: MOVIMENTO AD ONDA.


Ho tralasciato qualsiasi visione tecnica, di forma o di variazione e tutte le differenti scelte di tempo in funzione della situazione....
Ma è sicuramente un clip che va visto e rivisto per fissare nella mente le immagini di una pratica costruita sui principi.

E poi, se vi capitasse, fateci pure uno stage ogni tanto, con Endo Sensei.....è un'occasione sicuramente da non perdere per approcciare al nostro sapere da un'angolazione completamente differente.

"A pezza 'nfosa"

In Napoletano per "Pezza 'nfosa si intende lo straccio bagnato".
Il mio caro amico ormai pluricitato utilizza questo paragone, che a sua volta ha imparato da una sua maestra di Judo, per intendere il principio di "Otoshi".
Otoshi indica il senso del "Cadere verso il basso", a sottendere l'idea di una discesa verticale improvvisa.
"Uke deve cadere come na pezza 'nfosa!"
Verticalizzare un movimento per proiettare il compagno offre una serie di vantaggi da non sottovalutare.
In primo luogo ci permette di concludere con un movimento potente che non necessita caricamento.
Sfrutta al massimo la forza di gravità, che per definizione è una delle poche cose ad essere effettivamente "Uguale per tutti", altro che la Legge.
In terzo luogo ci permette di tenere uke in una posizione nella quale può essere ancora controllato anche dopo la proiezione.

Dunque Destrutturare la sua posizione (Kuzushi) e chiudere su una linea verticale che cada esattamente in una zona vuota.
Un ottimo strategia per cominciare ad approcciare col Jyuwaza.


questo insegnante si chiama Takeda Yoshinobu. E' un ottavo dan, allievo di Yamaguchi sensei e sempai di Christian Tissier. Una volta, parlando di lui proprio con Tissier, questi commentò "Un livello inimmaginabile!"
Se cercate sul tubo qualche suo video vi imbatterete in strane immagini. Sono la dimostrazione di quanto un uke troppo accondiscendente possa far sembrare ridicolo anche il migliore degli insegnanti

28 maggio 2011

l'Aikido,il Jazz e 60 timbri al minuto

Prendi un tizio. Uno qualunque, non stiamo a formalizzare...
e fagli mettere dei timbri. Tanti timbri. Tipo 3600 all'ora.
Fanno 60 al minuto....un timbro al secondo. Tutti precisi, tutti allineati nel loro spazietto circolare.
Si stanca, dite voi? Facciamone questione di soldi. Paghiamolo tanto che il gioco valga la candela, ed accetti di avere un braccio, uno solo, alla John Rambo.
Credetemi: lo farà.
Non solo: lo farà anche bene.
Ora prendete lo stesso tizio, ed assegnategli un compito meno pesante.
60 timbri all'ora. Un timbro al minuto, vi risparmio di contarli.
Più leggero ma con una condizione. SE il documento è a favore di una causa il timbro va a sinistra, SE è contrario, va a destra e SE è equilibrato, va al centro.
Tre variabili, tre possibilità casuali in una risma di 60 fogli.
Fidatevi di me, il nostro tizio andrà nel pallone.
Presto, molto presto, la mano, l'occhio ed il cervello cominceranno a litigare fra loro e un'ora non sarà più sufficiente per 60 miseri timbri.
Comprensibile: gli abbiamo dato un cocktail velenoso composto da tre ingredienti letali: un lavoro noioso, delle regole e la necessità di scegliere.

Come possiamo giocare su queste variabili per evitare di ammazzare di fatica o di dover licenziare il nostro uomo?
Semplice: O gli proponiamo un lavoro noioso, ma liscio come l'olio, OPPURE gli proponiamo un lavoro che lo costringa a riflettere, ma che allo stesso tempo sia stimolante e, perchè no, anche un pizzico divertente.

Lo so che avete capito già dove voglio arrivare...
Aikido: cosa se no?

Visualizziamone due aree didattiche ben distinte: Kata e Bunkai, ossia routine ed applicazioni.
Il Kata è la parte "passiva" dell'apprendimento. La ripetizione pedissequa del movimento è tesa a creare saggezza nella coscienza corporea di colui che lo allena.
Le qualità intrinseche del Kata si rivelano passo dopo passo strutturando il corpo del praticante, formandone l'apparato muscolare, condizionandone i movimenti e costruendone le geometrie.
L'importante è che scorra senza intoppi: tori ed uke sanno perfettamente cosa fare e quando farlo.
La testa serve solo all'inizio. Il suo compito finisce nel momento in cui abbiamo memorizzato la sequenza dei gesti, poi non le è chiesto nessun altro contributo.
Anzi: la sua partecipazione potrebbe addirittura compromettere l'efficacia dell'allenamento, perchè potrebbe impedire al messaggio di giungere in profondità, dove è necessario che stia.

Il Bunkai è la parte attiva. In essa si prospettano al praticante alcune possibilità, partendo dallo scenario studiato nel Kata.
In pratica prendiamo una routine e la arricchiamo con delle variabili.
Queste variabili, normalmente in numero crescente, obbligano il praticante a compiere delle scelte, in accordo con ciò che PUO' e non con ciò che VUOLE.
Ma allo stesso tempo lo fanno divertire.
Perchè che ci crediate o no, sorridere rilassa e la tensione è il peggior nemico dell'apprendimento.

Sostanzialmente deve decidere come giocare le sue carte, ma la sua giocata dipende comunque dalle carte che ha in mano....

La testa partecipa e sceglie in base a ciò che istinto, abilità e percezione gli consentono di fare.
L'obiettivo resta lo stesso, ma le strade per arrivarvi si moltiplicano, chiedendo al pilota di muoversi su quelle che di volta in volta trova libere.

Un pò come la musica, no?

Si studia uno spartito e se ne suonano le note a ripetizione. Finchè quelle note le suoni senza spartito, finchè, in qualche modo, DIVENTI quello spartito.
Allo stesso tempo cominci a sentire che quelle note possono muoversi fra i righi del pentagramma, che non sono proprio ASSOLUTAMENTE incasellate.
Cominci ad interpretarle, a liberarti del modello mantenendo la melodia.
E' ancora Kata, ma è un livello più profondo di Kata.
Ci si muove intorno ad un dictat, ma oscillando.
Eppure.....eppure secondo me non basta.
Ripetere, seppur interpretando, non significa  creare.
E l'Arte è creazione, all'ultimo stadio.

E in musica questo significa applicare le conoscenze che il canovaccio ci ha creato...cominciando a "sentire" l'Armonia e a suonare improvvisando.
L'idea del Jazz, bravi...avete fatto i vostri compiti a casa.

Vero. Il risultato non è lo stesso. Ad un orecchio inesperto,anzi, questo potrebbe addirittura apparire come una performance deludente....
Ma l'esperto sente. Sente dietro la nota.....percepisce l'armonia.
Comprende come l'artista si entrato in quella armonia e come l'abbia fatta sua e l'abbia guidata.
E nella improvvisazione, addirittura, l'esperto rivede i semi della base, le note ripetute a canovaccio che gli hanno dato gli strumenti per poter improvvisare.


L'uno senza l'altro è incompleto.
Se timbri senza capire, mi basta un computer.
Se capisci senza timbrare sei un dipendente di troppo.
Se sei solo capace di ripetere a memoria uno spartito, non vali molto di più di un buon Ipod.

Se provi a fare Aikido senza base, sarai tristemente goffo ed impacciato.
Ma la base senza Aikido è veramente, ma VERAMENTE aberrante.

Parola di scout.



Questo tipo è Bobby McFerrin. E' un pezzo di Jazz vivente. Ma è un'icona perfetta per rappresentare lo spirito di AikidoVivo.
 Cercate il suo nome su Wikipedia e capirete cosa voglio dire.

24 maggio 2011

Piccoli, grandi pensieri

"E' facile comprendere che eliminare le cattive abitudini ci permette di migliorare giorno dopo giorno.
Una volta individuate, è solo una questione di tempo.
Più complesso è rendersi conto che, da un certo punto in poi, è necessario eliminare anche le buone abitudini, per continuare a guardare davanti a noi con gli occhi limpidi di un bambino."
Seigo Yamaguchi

23 maggio 2011

Papillon, i Rodei e gli Osae Waza

Quando si parla di immobilizzare qualcuno, la mente salta subito all'immagine delle manette, della gogna, di una palla al piede o per lo meno di un misero cappio al collo...
Qualcosa, insomma, che blocchi il mascalzone di turno e gli impedisca letteralmente qualunque movimento.
L'idea di forzare il vincolo,poi, non verrebbe in mente a nessuno: il dolore alle braccia, al piede o al collo sarebbe quantomeno debilitante e sconsigliato alla salute.

Ecco come nel nostro immaginario ricco di icone da Papillon al primo Saw, da Kunta Kinte all'ultimo,claustrofobico, Buried ( si, lo so, sono un cinemaniaco.....meglio che un maniaco al cinema, però!) splende vividamente la figura dell'immobilizzato.
Sicchè,con lo stesso sorriso beffardo ed impunito di un carceriere o del Tenente dei Carabinieri, per restare in ambito "ollivudiano", aprocciamo al nostro Uke quando l'insegnante ci chiede un OSAE.

Ma cosa vedono gli occhi dell'insegnante, mentre davanti a quelli dei vari Tori riecheggiano epiche scene da cinema??
Una marea di personaggi, con gli sguardi più o meno assenti che, afferrato il braccio del malcapitato di turno, ad ogni costo cercano di tenerlo fermo, più o meno come un cowboy tiene fermo il toro ad un rodeo,  strattonando a più non posso le povere articolazioni gentilmente offerte dal compagno, che il più delle volte, si prodigano in maledizioni tra una richiesta e l'altra di pietà.

Vi assicuro che ad oggi, la "Sciatalgia del Dopoikkyo" ed il "Gomito del Nikkyatore" assurgono giorno dopo giorno alla dignità di patologia professionale, per noi fisioterapisti!!

Fermo restante che le scuole di pensiero sono varie e variegate e che non è mia intenzione, in questa sede, fermare coloro i quali godono, in una branca di nicchia dei percorsi SadoMaso, a nikkyare ed a nikkyarsi invocando il Dio dolore, lasciatemi spiegare cosa intendo io per Osae Waza.

Le tecniche di Aikido sono costruite in modo da minare costantemente la struttura fisica (o psico-fisica, in certi casi) di uke.
Cosa vuol dire questo?
Semplicemente che ciò che compone la struttura, ossia Postura, Peso e Respirazione, viene del tutto disorganizzato, in maniera tale che non sia più possibile costruire un attacco pericoloso.
Ovvio che uke proverà a ricostruire la propria struttura, per non perdere il proprio equilibrio e per cercare una nuova possibilità di attacco!
Quì entra in gioco l'Aiki.
Il novizio ( o il sadomaso!!) proverà a tutti i costi a forzare la posizione di uke perchè resti dov'è, nella scomoda ed inefficace situazione destrutturata.
L'esperto, segue il movimento di uke passo passo, adattando la sua posizione e guidando i movimenti di recupero, affinchè la struttura resti sempre disorganizzata.
Da ciò, è evidente che un kamae ancorato al suolo non ha la capacità di adattamento di una posizione  carica, ma allo stesso tempo naturale e dinamica.

In genere, quando si agisce su questo meccanismo, il compagno ride.
Quando si cerca (senza speranza, nella stragrande maggioranza dei casi) di forzarlo, quantomeno si intristisce.

Che diciamoci la verità, è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno, alla sera, dopo una giornata di lavoro!

Che dite? Fa paura lasciare al compagno la possibilità di muoversi? Fa paura dover cambiare costantemente una condizione che avevamo raggiunto a fatica e che ci dava sicurezza?
Si chiama evoluzione. E si chiama rispetto della libertà dell'altro, secondo me.

E il dolore, mi direte? Arriva da solo, quando uke cerca di attaccare direttamente dal controllo.
Nikkyo, Sankyo, Yonkyo....Agiscono come un antifurto e scattano AUTONOMAMENTE nonappena il compagno forza contro di noi, senza ricomporre la propria posizione.

Come dire "Aspetta sull'argine del fiume il cadavere del tuo nemico"......o come amo ripetermi sempre : "In natura non sopravvive il più forte. In natura sopravvive quello che si adatta meglio!"


19 maggio 2011

Pitagora, la Libertà e l'Armata Brancaleone

Parliamo di didattica. Se siete di quelli che sono convinti che l'Aikido si impari per induzione, respirando l'alito (quasi sempre pesante) dei grandi maestri, non continuate la lettura: potrei rovinarvi il pomeriggio.

Se al contrario credete che insegnare sia una scienza e che la comunicazione segua delle regole e dei tempi ben definiti, ritirate la tessera all'ingresso: siete i benvenuti nel club di Aikido Vivo.

Mettiamo subito in chiaro una cosa: pur seguendo degli indirizzi didatticamente evoluti e con obiettivi in comune, due insegnanti possono utilizzare, e "possono" è un mero eufemismo, metodi di insegnamento completamente differenti.

Incredibilmente, nessuno dei due è sbagliato nè giusto. Gli aggettivi adatti sono "congeniale " o "non congeniale".
Chiarito questo, va da sè che, come per tutte le parole che trovate in questo blog, vi racconterò come vedo IO la cosa, ad oggi.

Il percorso di apprendimento evolve per obiettivi. Pensate ad un esempio....
Quelli che hanno pensato "Ikkyo" sono pregati di accomodarsi dietro la lavagna.
Ikkyo, o Iriminage o qualunque altra tecnica, sono strumenti. Sono gli esercizi per comprendere i principi.
L'obiettivo, dunque, è il principio.
Ok, faccio io un esempio per tutti: l'utilizzo del peso.
Come impostiamo delle lezioni perchè questo principio possa essere non solo capito, ma interiorizzato dalla nostra armata Brancaleone??
Io mi rifaccio alla matematica, materia che, a dire il vero, non ho mai amato a dismisura, ma che rende perfettamente l'idea.

Attraverso quali step si impara il Teorema di Pitagora?
Enunciato: si definisce cosa stiamo per imparare e si prende confidenza con l'idea del Teorema.
Esempio: si prendono dei problemi svolti e se ne seguono le logiche. Passo dopo passo ci si impadronisce della maniera in cui il buon Pitagora ci viene in aiuto in una situazione - tipo.
Applicazione: si prendono una serie di  problemi volutamente creati per necessitare di cateti ed ipotenuse, si sceglie un livello di difficoltà crescente, e si propongono agli studenti, portandoli per mano a trovare la soluzione, possibilmente senza aiutarli troppo, nè demotivarli o mortificarli.
Compito in classe: il problema, di difficoltà medio alta, l'alunno e due ora per risolverlo.
Il test verifica al contempo la capacità di apprendimento ma anche la validità del approccio didattico utilizzato.

Bene. Oltre ad aver risvegliato in tutti noi un senso di malessere diffuso, ricordandoci della professoressa acida di Geometria, o del pessimo voto che puntualmente ci perseguitava su Pitagora, mi piacerebbe aver richiamato un immediato rapporto con quello che solitamente facciamo sul tatami.

Sinceramente mi auguro di si...
Prendiamo il nostro principio.
Dividiamo l'allenamento in tre aree definite, propedeutica, tecnica ed applicativa.
E disegnamo dei contorni per ognuna di queste aree.
Utilizzo del peso, abbiamo detto?

PROPEDEUTICA:
è l'area nella quale si definisce il tema di studio e, in maniera semplice e non definita tecnicamente, si approcciano le condizioni fisiche e psichiche affinchè il principio si manifesti.

L'utilizzo del peso, per esempio, è vincolato al corretto utilizzo della respirazione, al rilassamento delle spalle, al basculamento del bacino, alla percezione degli appoggi.

TECNICA:
E' l'area in cui si creano delle situazioni nelle quali si palesa l'utilità del principio in esame.

Katateryotedori Kokkyuho, per esempio (altresì detto Morotedori Naname Kokkyunage).
Il maestro mostra il movimento, lo sviscera tecnicamente e concentra i riflettori sulla parte dell'azione in cui la gestione del peso si rende indispensabile.

APPLICATIVA:
E' l'area nella quale l'insegnante propone un problema e l'allievo deve risolverlo utilizzando il principio studiato.
Il problema va costruito a variabili crescenti, in modo da stimolare la rielaborazione del principio nell'allievo, per venire fuori da situazioni sempre più complicate.

La proposta delle applicazioni è ovviamente in relazione alla qualità e all'esperienza della classe alla quale si insegna, ma a mio avviso non deve MAI mancare.
E' il momento ludico della pratica, ma allo stesso tempo il più formativo, perchè si passa dall'aula al laboratorio e lo studente diviene parte attiva del suo percorso di apprendistato.

Prima che lo diciate voi...si. Questa parte fa paura. Perchè? Perchè in primis, l'insegnante deve mettere sul tavolo prima di tutto la sua capacità applicativa. Questo vuol dire mettersi in gioco e rischiare di non riuscire a venire immediatamente fuori al labirinto che lui stesso ha creato.

Poco male! Meglio un insegnante che di tanto in tanto viene colpito da un genuino cazzotto che uno che non si mette mai sul banco di prova.

In secondo luogo fanno paura le soluzioni che gli allievi possono trovare: l'allievo che esprime se stesso attraverso la pratica è una gatta da pelare per chi è abituato a pensare alla disciplina com e ad una sua proprietà.

Perchè è molto più rassicurante fare il dittatore e definire come sbagliato tutto ciò che è diverso da noi, piuttosto che guidare la crescita del praticante, rispettando la sua Libertà.

PS: Ho volutamente lasciato da parte la sezione TEST, che voglio affrontare a parte, parlando delle prove di esame.
PPS: giochino: proviamo a descrivere propedeutica - tecnica ed applicazione del principio di Disequilibrio!


17 maggio 2011

Beat Zen

Uchikaiten Gokkyo ed Ushiro ryote dori tenchinage forma ura??

Alla faccia di tante pippe mentali sui gesti impossibili:
Semplicità uguale Forza!  ^______^




ps: a parte tutti gli scherzi, Cashback è un film veramente carino!

Gunny, i Teletubbies e Magilla Gorilla

Quando di solito la gente parla di Arti Marziali, nove volte su dieci sta parlando di qualcos'altro.
Alcuni si riferiscono a pratiche New Age, per Kharma ed il Respiro dell'Universo, alludendo a gente medio borghese vestita coi camicioni di lino stirati, con tanto di rossetto ed acconciature, che al primo livido chiamano i carabinieri...Una specie di Teletubbies dello zen.

Altri parlano,schiuma alla bocca, di Sport da Ring, più o meno estremi, che richiedono all'uomo comune di trasformarsi in una sorta di Magilla Gorilla Nehandertaliano, convinti di rivivere nella gara le emozioni della battaglia...
In battaglia non sai QUANDO combatterai. Non sai CONTRO chi nè contro QUANTI avversari. Non sai per certo che non saranno armati, che non si vendicheranno sulla tua famiglia, che nella peggiore delle ipotesi, un arbitro fermerà lo scontro.......
Decisamente no. Lo Sport, per quanto tosto, non ha niente a che vedere con l'Arte Marziale.

Molti si riempiono la bocca di paroloni. Termini come "Struttura", "Sensibilizzazione", "Mobilità" o "Efficienza". E poi si accordano in anticipo con il compagno su come vogliono essere attaccati, da che lato, come vogliono difendersi e come deve rispondere uke alla difesa...

"Coreografia", è il termine giusto.

Qualcosa che ha più attinenza con il ballo che con l'Arte Marziale.
Badate, non parlo di Ballo in accezione negativa, sia chiaro.
Un ballerino medio è più coordinato, resistente e forte fisicamente di me, per dire.
Ma provate ad attaccarlo a sorpresa....
"Perlomeno sanguina", parafrasando un mio caro amico.

E quindi, direte voi?
Non lo so, rispondo, come sempre, io.
Voi a quale di queste categorie appartenete?

Io a nessuna delle tre.
 Per quanto mi riguarda credo che "Marziale" si riferisca ad un'area inerente alla battaglia. Nelle sue sfumature più crude, in verità: quelle in cui non esistono vincitori o vinti, ma solo morti e sopravvissuti.
In gioco non ci sono onori e medaglie, ma vita o morte. E di fronte alla morte, non ci sono regole da rispettare, si sa....anche se in gioco c'è la vita e la morte del nostro Ego, più che della nostra persona fisica.

E come si associa una cosa così all'"Arte"?
Nella mia visione si riferisce alla possibilità di utilizzare gli strumenti a disposizione in maniera creativa, pratica ed utilitaristica, se vogliamo, per risolvere una situazione ogni volta "unica", nei suoi parametri e nelle sue variabili, e "sopravviere" al momento.

Proviamo a fondere le due definizioni ed a semplificare:
cosa contraddistingue un'Arte Marziale da tutto il resto?
Il fine è sopravvivere al proprio ego, il mezzo è il proprio corpo, le armi sono i principi e la strategia è creata attimo per attimo in base alle opportunità.

Come direbbe il buon vecchio Gunny : "Improvvisare, Adattarsi e Raggiungere lo scopo!"

14 maggio 2011

Il Guerriero, l'Appiglio ed il Panorama

La cima stagliata nel cielo ed un piccolo uomo che la guarda dal basso.
Ed un giorno decide di salire.
Certo, c'è la funivia. Paghi il biglietto, e sorseggiando una coca con ghiaccio, ti trovi in 15 minuti sul picco...
Hai visto il panorama, ma quello per te sarà sempre e solo un panorama.
Non diventerà mai il TUO panorama.
Diverso è invece se quella  cima la raggiungi scalando...
Passo dopo passo, appoggio dopo appoggio, contando sulle tue forze e sulle tue conoscenze.
Sperimentando una strada, poi un'altra, cercando attimo per attimo un appiglio più stabile, un movimento più profondo.

Ed ogni volta che trovi un punto sicuro, sai già che se vuoi salire ancora, quel punto dovrai mollarlo per cercarne un altro, e poi un altro ancora.

A volte fare due passi in avanti vuol dire farne prima uno indietro, senza timore, senza attaccamento, sapendo che in ogni momento è la tua vita ad essere in gioco...

In quegli attimi, quando i muscoli sono tesi allo spasimo, i polpastrelli fusi nella roccia, il sole batte imperterrito sul collo ed il cuore galoppa all'impazzata, sai che devi rallentare qualche istante, calmare il tuo respiro e la tua mente, e che non c'è altra strada che non sia verso l'alto.
Proprio in quei momenti, che differenza c'è tra Uomo e Montagna? La carne e la pietra sono una cosa sola, sono lo stesso istante, lo stesso spazio...

Questo è Budo.
Prepararsi giorno dopo giorno, fisicamente, mentalmente e tecnicamente ad affrontare la sfida, è Budo.

Muovere il primo passo lungo il cammino, decidendo definitivamente di arrivare fino alla fine, è Budo.

Cercare una sicurezza per fissare un punto, utile per cercare una nuova sicurezza ed avanzare sempre e comunque, senza adagiarsi su ciò che ci fa sentire protetti, è Budo.

E proseguire per sè stessi, senza cercare lodi nè allori, senza puntare ai compensi ed alle medaglie, ma seguendo unicamente il proprio cuore ed il proprio destino....Anche questo è Budo.

Perchè nel momento in cui decidi che l'arrivo a destinazione conta solo se sei soddisfatto di come ci sei arrivato, che quella cima è tua solo se la conquisti dando il meglio di te stesso, fregandotene di essere il numero uno, due o dieci... hai scelto di essere un guerriero.

E da guerriero sai già che, una volta raggiunta la vetta, guarderai il panorama cercando una montagna più alta.





Ascoltate le parole di quest'uomo. Il tubo è pieno di sue interviste. Sentirete l'eco dei canti Maori, delle urla di battaglia dei capi Indiani, dei Kiai all'unisono degli antichi Samurai. Sono le parole di un Guerriero, di un Maestro, di un Illuminato.


13 maggio 2011

"Musashi,il Dio denaro e la Speranza"

Stamane, caffè in una mano, mouse nell'altra, mi sono imbattuto in QUESTO articolo di Simone.
Ora, come potete vedere, il link del suo Blog compare alla destra di questo post, sotto la dicitura "gente pensante", il che la dice lunga.
Ma questa volta il buon Chierchini ha davvero superato sè stesso!

Anche ed Invece


Sapete perchè è impossibile tradurre un discorso da una lingua all’altra semplicemente trovando parola per parola sul dizionario?


Perchè una lingua non è solo una collezione di parole.
Perchè due lingue non differiscono tra loro solo perchè un termine si trascrive e si pronuncia differentemente…
I termini, le pronunce, la grammatica… Quelle vengono DOPO che la lingua è già nata.
Le regole servono per poterla insegnare… Ma una lingua nasce per strada.
Una lingua è la maniera di comunicare la percezione del mondo.
Come se il mondo, quello esterno e quello interno, potesse essere spezzettato in tanti piccoli pezzetti di un puzzle ed ognuno di questi pezzetti potesse essere utilizzato per formare parole e frasi.
Solo che ogni popolo percepisce il mondo in una maniera differente, tutto qui.
Quindi una lingua è la manifestazione lessicale della percezione del sè e dell’ambiente circostante di una tribù.
Il che puzza di filosofia in maniera addirittura scontata, lo capisco.
Ma è molto meno astratto, però.
In giapponese, per esempio, la parola “Natura”, non esiste nell’ accezione che in Italia siamo soliti darle.
Per noi “Natura” è tutto ciò che rimane del mondo, tolto l’uomo e le sue opere.
In Giappone, considerare l’Uomo come avulso dall’ambiente circostante non ha senso…
A Napoli, per esempio, non si può coniugare un verbo al futuro.
“Parlerò”,  diventa “Parlarraggio”, un termine composto dall’infinito “Parlare” ed un ausiliare “Aggio”, che significa “Devo”.
“Devo parlare”. Qualcosa che è nel mio futuro….ma è un escamotage, se vogliamo.
Perchè il napoletano è molto zen, da questo punto di vista….pensa poco al domani….
Per questo non basta trovare un termine sul dizionario, perchè il tassello trovato non è la stessa porzione di mondo agli occhi delle due differenti tribù!
Ovviamente conoscere una lingua è indispensabile per comunicare…
Ma questo spezzettare il mondo circostante ed assegnargli un tassello, per quanto pratico possa risultare, ha in sè il proprio limite più grande: quello di catalogare le nostre percezioni.
Col tempo, riusciamo  a pensare ed a percepire  soltanto ciò che possiamo tradurre in parola, ciò che possiamo “etichettare”.
Comodo, ma alla lunga anche molto ,molto limitante.
Dal macrocosmo al microcosmo le cose si ripresentano esattamente identiche.
Nelle Arti Marziali trovare nomi e definizioni aiuta nella sistematizzazione e nella didattica.
Ma comporta spesso un’attitudine assoluta alla differenziazione, a barricarsi in quella che diventa un’identità distorta, a chiudere giorno dopo giorno i nostri occhi fino a renderci ciechi….
A volte, agli stages, vediamo un movimento e lo chiamiamo subito. “Ecco Ikkyo. Lo so fare!” E partiamo immediatamente con la scheda mentale “Ikkyo”, così come siamo abituati a farla e rifarla ogni giorno nel nostro dojo.
Altre volte vediamo discipline differenti che utilizzano esattamente il nostro stesso principio, ma magari lo chiamano in modo diverso…O semplicemente si vestono in un’altra maniera, dimostrando subito di appartenere ad un’altra tribù.
“Noi in Aikido INVECE facciamo così….”
ed abbiamo creato il muro, la schematizzazione, la differenza,la prigione dorata, con l’inconscia giustificazione di aver difeso la nostra “identità”…
Vedere il problema, significa già averlo risolto a metà….
Vi propongo un gioco.
 La prossima volta che guardate un nuovo maestro, che insegni la vostra disciplina o meno, provate a cercare tre differenze con quello che siete soliti fare, e tre cose in comune.
Mettiamo tre voci “INVECE” e tre voci “ANCHE”.
Scopriremo che il mondo delle Arti Marziali ha ancora in serbo moltissime sorprese!



10 maggio 2011

Aggressore, amico mio

Nell'Aikido come nella vita, contorta ed ermetica è la figura del nostro partner: sappiamo per certo di averne bisogno, ma non sempre abbiamo capito qual'è il suo ruolo....

Il ruolo di uke in Aikido è soggetto a mille interpretazioni molto diverse l'una dall'altra.
Volendone definire gli estremi, si parte dalla MARIONETTA FURIBONDA, quello che ti assale senza pietà, rigido da rigor mortis,con la faccia seria ed incazzata,pieno di voglia di "realtà", ma castrato dal canovaccio di una coreografia dalla quale non riesce a liberarsi.




Estremo opposto è il "BUDINO FLACCIDO", quello che non sta in piedi da solo, tra lo stanco ed il malaticcio, sempre in bilico come uno yogurt su un windsurf, pronto a cadere a qualsiasi starnuto di Tori.





Fra i due eccessi, tutte le variazioni possibili...
Quale l'equilibrio? Cosa è giusto fare o non fare quando si attacca?
In assoluto, non lo so. Nel senso che non so se esista una definizione assoluta!
Posso dirvi come mi comporto io da uke e come mi piace si lavori quando insegno, però.

Innanzitutto chiariamo un punto: secondo me Uke è qualcuno CON cui fare pratica e non CONTRO cui applicare una tecnica.





Mi sembra scontato dire che la qualità migliore di un buon uke è essere presente a quello che sta succedendo in ogni istante....Non cadere se non serve e non resistere mentre si è scoperti.
Il suo compito è quello di aiutare a comprendere il movimento e non creare sterili impedimenti.
Mi spiego meglio. Avete presente quella credenza secondo la quale ogni tecnica è applicabile in ogni situazione? Balle.
Ogni tecnica ha uno spettro di possibilità entro il quale può essere applicata in maniera naturale ed istintiva.
Al di fuori di quello spettro, dice un mio caro amico, diventa "Fantaikido".



Uke è il primo che deve sapere quali sono i parametri da ricreare perchè si possa applicare quella tecnica e fare in modo da mantenere l'area di lavoro all'interno di quei parametri.

In questo modo Tori non allena soltanto la meccanica dell'azione. Allena anche i suoi sensi a percepire esattamente la situazione nella quale quei parametri si manifestano.

Esempio maccheronico: azioni periferiche, come Nikkyo, Sankyo o Kotegaeshi.
Se uke non mantiene vivo il contatto, tori penetra immediatamente dalla periferia al centro.
Se il parametro "contatto" è interesse di uke, lo strumento del contatto , il braccio, sarà un punto di applicazione naturale. Viceversa se il parametro contatto spetta a tori, lui lo prenderà dove è più efficace prenderlo: sul asse centrale di uke, entrando nello spettro di Iriminage, Kaitennage o Koshinage, per esempio.

Ovviamente differente è il discorso "Applicazioni". Uke in quel caso deve rispettare unicamente il principio di integrità e non lasciare aperture. E laddove non vi sono aperture qualsiasi azione è giusta.
Sta a Tori trovare la risposta appropriata...

In questa parte dell'allenamento mi piace pensare di non dover mai correggere il compagno: qualsiasi proposta marzialmente intelligente,per quanto inusuale merita una risposta aiki.

Seigo Yamaguchi Shihan diceva sovente "Waki ga nai, do de moi", "Se non ci si espone, tutto va bene!"



Questo alterna budino a marionetta. Un buon esempio di cosa io non farei mai....

9 maggio 2011

Aiki OLE'

Stage a Granada, da Luis. 
Spagna, Giugno, Ostello per gli Aikidoka, Sangria e tanto, ma tanto, Aikido Vivo.....
Devo aggiungere altro???



Quando si parla di centralizzazione...

...questo può essere un eccellente esempio.

8 maggio 2011

Io mi ci sono trovato bene...

Aiki Japan - Keikogi ed Hakama


Con un occhio sempre aperto sulle sovrattasse e l'impossibilità ad ora di ricamare sui keikogi, la qualità della roba ed il prezzo sono più che soddisfacenti.
Tra l'altro le spedizioni sono velocissime....

"Aikido in Tre Facili Lezioni"

E' quello che propone il dvd.
Da quello che si vede, anche l'insegnante ha imparato in tre lezioni.


7 maggio 2011

Ikkyo, Nikkyo e Quaqquaraquà

Mi ricordo ancora l'immensa felicità di quando, da ragazzino, mi regalarono la prima chitarra.
Era uno strumento da quattro soldi, giusto giusto un pezzo di legno con sei corde, ma mentre tornavo a casa  mi sentivo già Santana, o Slow Hand Clapton....


Neanche entrai dalla porta che mi chiusi in camera a suonare: sgabellino da pub, gamba destra accavallata alla sinistra, unghie della mano destra già mezze cresciute e....
Niente di più. Giuro. Niente!
Per quanto mi agitassi, per quando mi dannassi a schiacciare tasti e vibrare corde, dalla mia chitarra veniva fuori poco meno che uno starnazzare d'anatre.....:(



Se non che, il giorno dopo, scesi a comprare il migliore dei libri per studiare da autodidatta.
Mi ricordo ancora che mi costò settimane di paghetta e parecchi sabati a casa, ma per la gioia che provai tornando a casa dalla libreria, ne valse davvero la pena.
Mi dedicai con tutto me stesso ad accordi, barrè ed arpeggi ed alla fine, dopo qualche giorno di allenamento, riuscii a suonare "La canzone del Sole", di Lucio Battisti. Un must per chiunque cominci ad imparare la chitarra....
Ricordo ancora la prima festa, in cui mi portai dietro il mio strumento, orgoglioso come un concertista, camminavo impugnando la mia fender come la spada di un samurai, girando tra gli invitati aspettando solo il momento buono per cominciare il mio show!



Così fu: "Le bionde trecce e gli occhi azzurri e poi.........." Fu un bel coro di 3 minuti.
Poi il mio sogno svanì come una nuvola di fumo non appena la ragazza di turno mi chiese "Ma la sai quella che fa "Nannannanae Nannananae"....
Probabilmente se mi avesse messo davanti gli accordi della canzone, qualcosa avrei anche improvvisato...Ma "Nannanae", era proprio chiedere troppo!

Cosa c'entra questo con l'Aikido? C'entra,c'entra.....ora mi spiego.
Più mi guardo in giro, più vedo gente che parla di tecniche pensando di parlare di Aikido.
Vedo Maestri improntare interi stages sul dettaglio di Ikkyo e sulla variazione di Shihonage...
Leggo sui forum gente che si minaccia di morte per sostenere la validità assoluta del proprio Sankyo e del proprio Iriminage a dispetto di quello dell'altro utente....
Mi imbatto in una serie di video su youtube, nei quali ognuno cerca di vendermi la sua verità, spiegandomi che il suo Nikkyo è migliore perchè il suo mignolo è in posizione dritta piuttosto che rovesciata e che il suo Aikido è "REAL" perchè le tecniche (sempre le tecniche!) le fa con un pugno prima del disequilibrio.





La chitarra serve per fare Musica, ma NON E' la Musica.
La tecnica serve per fare Aikido, ma NON E' Aikido.
Sono strumenti. Conoscerne il funzionamento è indispensabile, ma il virtuosismo non è l'arte.
Saper suonare "La canzone del Sole", non significa saper suonare.
Conoscere 4 forme su Katatedori Ikkyo, non significa saper applicare l'Aikido.





Suonare la chitarra non è mettere il barrè. E' come usi quel barrè quando serve.
Conoscere l'Aikido non è fare un movimento in un modo piuttosto che in un altro.
L'Aikido è come ti servi di quel movimento quando sei in azione col compagno.

E' per questo che oggi, quando mi spacciano per Applicazione solo un'ennesima coreografia, non posso fare a meno di sorridere...
Quando insegno applicazioni, il mio ruolo è proporre un problema con una serie di spunti.....E' l'allievo che deve "Applicare" le proprie conoscenze per venirne fuori.

Cosicchè ognuno trovi la propria verità, e non la mia.

Una verità mai definitiva ed assoluta, intendiamoci.
Ma una verità che giorno dopo giorno valga la pena di essere ritrovata.


Ah, a proposito....
Non ho mai più imparato a suonare la chitarra.
Ma non è detto che un giorno non ricomincerò!;)



Buon weekend

6 maggio 2011

Il saluto: ma non bastava un "Ciao"?

Recentemente qualcuno mi faceva notare che quando un principiante, col suo keikogi giallino,in genere immenso, sale per la prima volta su un tatami di aikido, sono molte le cose che lo straniscono, ma quella che noi insegnanti diamo assolutamente per scontato è il saluto.

Eppure se per un istante ci mettessimo nei panni e nella testa del nostro neofita, potremmo facilmente immaginare che vedere una schiera di gente accovacciata ad occhi chiusi in una posizione dolorosissima, in un ordine apparentemente casuale e invece rigoroso, che si prostra pronunciando uno strano gramelot giapponesizzante lascia quantomeno interdetti!

LA STORIA
Il rito del saluto è legato in maniera indissolubile alla gestualità dei campi di battaglia. Nel  Giappone Medieval le battaglie erano composte da una sequenza di duelli singoli, nei quali si cercava la gloria e la vittoria sconfiggendo (e decollando) rinomati guerrieri e generali nemici.
L'atto del saluto era legato alla presentazione di sè stessi all'avversario, enunciando a grande voce il proprio nome e reclinando di qualche grado il capo, come a dire "mi dispiace, ma ti devo ammazzare!"...

Dal campo al dojo, il rituale assume nuovi significati. Il Sensei non era solito condurre esercizi di riscaldamento e preparazione, area che veniva solitamente devoluta al Sempai più anziano che, terminato il suo compito, faceva accomodare (in SEIZA, ovviamente!) l'arrivo dell'insegnante per proseguire la lezione.
L'insegnante entrava nella sala, si sedeva prima accanto agli studenti come per aspettare che lo Spirito del Fondatore incominciasse la lezione (ahhh lo shintoismo!), poi gli si inchinava, come per dire "Nonostante non sia te, cercherò di fare del mio meglio" e lo stesso faceva con la classe, che rispondeva inchinandosi a sua volta, in segno di rispetto per ciò che comunque avrebbero imparato da lui.

LA FORMA
Partendo in posizione di Seiza, con le mani sulle ginocchia, la schiena dritta ed il mento retratto, si poggia al suolo prima la mano sinistra, poi quella destra a formare un triangolo tra indici e pollici, verso il quale scende la punta del naso quando ci si inchina.
Si rialza lo sguardo, il capo, prima la mano destra e poi la sinistra.
Questo per tenere occupata il meno possibile la mano addestrata al combattimento.

Il saluto di inizio allenamento lo si fa pronunciando la formula "ONE GAESHI MASU"; che vuol dire,grossomodo, "Piacere di scambiare insieme", ed alla fine si chiude con "ARIGATO GOZAIMASU", "Grazie per lo scambio".

Nel saluto al Fondatore, il Maestro si inchina per primo e si rialza per ultimo, al contrario, nel saluto al Maestro, lui si inchina per ultimo e si rialza per primo.

IL SENSO

Ok, abbiamo sviscerato un momento tutto il casino del rituale e le storielle sui campi di battaglia.
In realtà ci sarebbero ancora tanti particolari, che prometto solennemente di risparmiarvi....
Ma dopotutto, oggi, che cosa rappresenta tutto questo salutarsi? Ma un "Ciao Maè!" non sarebbe sufficiente???
Il saluto è un interruttore. E' il momento che sancisce un limite temporale, una frattura fra ciò che è fuori dal dojo e ciò che è dentro.
Nel momento del saluto, la nostra mente deve riuscire a spegnere la luce su ciò che rappresentiamo per accenderla su ciò che siamo.
Il sesso, il ruolo, l'età, la dichiarazione dei redditi, il moroso geloso, la moglie rompiscatole ecco....questa roba resta nella borsa. Insieme ai jeans e ai calzini...
Restiamo noi,resta il nostro corpo,il nostro sentire intorno a noi e dentro di noi.
Quando il maestro si inchina, il suo gesto sottende una domanda: "Dove siamo?"
Quando l'allievo si inchina, il suo gesto sottende una risposta: "Qui ed Ora!"


5 maggio 2011

Vivo Aikido, Aikido Vivo

Ciao a tutti i marzialisti, internauti, curiosi o semplicemente naufraghi che si sono imbattuti in questo Blog.

Per chi ci è finito per caso, un saluto di arrivederci: è stato bello finchè è durato.
Per chi continua a leggere, invece, BENVENUTI A BORDO!



La prima domanda che vi starete facendo è "Che è sto AIKIDO VIVO??"

 Beh, permettetemi di rispondervi con una domanda: cosa definireste voi con Aikido Morto??
Si, lo so che non ve lo aspettavate,  ma provateci lo stesso.
Si, su due piedi, senza timore di sbagliare!!
Ecco...più o meno quello che intendo io allora.....;)

E per AIKIDO, invece?
Oddio...questa è davvero difficile.....:)
Eppure pensateci un attimo: se vi dicessero "stasera ci incontriamo al campetto per una partita" e,all'arrivo, voi trovaste 5 o 6 persone in tenuta da calcio, 5 o 6 con la palla da Bowling e 3 o 4 con la racchetta, quantomeno ci sarebbe da ridere!



Cumuli di pagine cartacee e virtuali hanno provato a definire questa pratica, a partire dai suoi ideogrammi:
AI= Armonia; KI= Energia e DO= Percorso......Quante volte lo abbiamo sentito???
Eppure in giapponese "AIKI" è un termine composto, utilizzato nelle arti marziali molto prima che nascesse O'Sensei, il Fondatore dell'Aikido...

Nelle discipline armate, soprattutto, trova largo impiego. Indica il compensare, il mettere esattamente ciò che serve. Non un millimetro in più, non un grammo di meno...E farlo esattamente al momento opportuno.

C'è un vecchio paragone che secondo me spiega benissimo il senso dell'Aiki: per ottenere il tuo scopo, la somma delle azioni deve essere 10. Se il tuo avversario fa 5, tu devi mettere 5. se fa 1 devi metterci 9 e se fa 15 devi fare -5.



Vecchia come il cucco, ma rende l'idea, no?

 Conserviamo l'idea dei numeri e trasformiamola in tecnica.

Quando sento qualcuno dire "Lo spostamento dei piedi in Ikkyo deve essere 7", mi viene sempre da andare a guardare se l'attaccante fa un movimento da 3........

Ciò che vedo è che QUALCHE VOLTA il movimento dell'attaccante è 3. Ma a volte è 4, altre invece è 5.......questo perchè i parametri spazio tempo fanno parte della vita e come la vita sono mutevoli, caotici, imprevedibili....D'altronde se così non fosse, staremo parlando di un sistema morto.


Ohi....vuoi vedere che ci stiamo avvicinando alla risposta???
Per me "Morto" è ciò che è statico, prevedibile, ciclicamente uguale a sè stesso, privo di stimoli e di entropia.



Ed io mi sento morto quando gioco in questo sistema: la mia attenzione cala, la mia motivazione naufraga ed un coperchio di noia tappa definitivamente la bara del mio Spirito Guerriero....
Al contrario, mi risveglio quando pratico in un sistema vivo, mutevole, sorprendente.
 Mi sento vivo quando posso uscire dalla mia mente e sentire con tutti i sensi ciò che invece sarebbe solo una proiezione mentale del gesto, di un movimento tanto ideale quanto innaturale, perfetto come solo l'immutabilità può essere perfetta.

Perfetto come una torta industriale, con le ciliegine disposte simmetricamente alla stessa distanza,perfetto come una cravatta col nodo posticcio, come una firma stampata col timbro, come una geometrica pizza Findus( che Dio la maledica!).




Ma perchè questa mania di perfezione,per quale motivo sono tutti così ossessionati dallo standard, Santo Cielo?
Perchè lo standard è sicurezza.
 Perchè il prevedibile non ci chiede di essere capito, compreso, approfondito. Fa tutto da solo, e lo fa come noi ci aspettiamo. Rispondendo ai parametri, non ci chiede di adattarci, non ci chiede di cambiare, non ci chiede di essere curiosi.




Perchè se impariamo ad adattarci,se cambiamo, se ci incuriosiamo, possiamo sviluppare altre esigenze, possiamo richiedere nuovi prodotti,  dettare nuovi standard.

Così, pur di non affrontare la paura di cambiare, ci accontentiamo di sopravvivere nel nostro egoismo, ciechi ai colori della vita, sordi al suo ritmo ed alle sue note.

Vivere, relazionarsi al mondo esterno, vuol dire ascoltarlo, comprenderlo ed adattarci ad esso.
Aikido Vivo è l'Aikido dell'ascolto, della percezione del cambiamento, del rispetto della risposta dell'altro e della sicurezza di poter mutare forma e ritmo mantenendo inalterati i principi, il controllo e la nostra sostanza.

Perchè in Natura non sopravvive il più forte. In Natura sopravvive quello che si adatta meglio.