26 ottobre 2011

Svuotare la struttura, svuotare la mente o svuotare le tasche

Recentemente sono stato invitato a tenere un seminario fuori porta.
Ora, quando insegno ad una classe che non è la mia, difficilmente mi concentro sugli aspetti meramente tecnici.
Diciamo che non mi piace andare a casa degli altri a dettare regole.
Soprattutto perché già so che nel momento stesso in cui esco dalla porta queste regole verranno prima infrante e poi dimenticate...




Mi dedico per lo più a proporre delle esperienze che facciano riflettere sul cammino effettuato ed aprano un po' gli orizzonti su quello ancora da effettuare.
 Mentre mi impegnavo ad aprire le giovani menti sulle possibilità di interazione col proprio uke, una volta chiariti i principi di riferimento, proponevo una serie di azioni tramite le quali i principi apparissero in maniera evidente.
Tra questi, il principio di base dello "spazio vuoto", altrimenti definibile come "punto di triangolazione".
So benissimo che tutti sapete perfettamente di cosa sto parlando.
Sono certo che tutti sapete che si tratta del punto in cui mettereste il cavalletto ad uke per renderlo perfettamente stabile.
E che proprio perché non ha il cavalletto, diventa per lui un punto di disequilibrio che non ha modo di coprire e che per contro, diventa per noi uno spazio da tenere costantemente d'occhio.
Per cui non ve lo ripeterò.





A me piace molto utilizzare la routine di Ikkyo per approfondire l'idea di spazio vuoto.

Trovo che Ikkyo ci insegni in maniera chiara a vedere il vuoto nello spazio o mote ed ura.
E allo stesso tempo, trovo che lo spazio vuoto ci insegni a non spingere il compagno su Ikkyo e ci obblighi a guardare come sono messe le sue gambe per scegliere se convenga muoversi davanti o dietro di lui.





Mentre, dunque, mi soffermavo sulle teorie geometriche dei punti di triangolazione, sottolineando l'importanza di non scegliere un'azione PRIMA di aver guardato come si riposizionava uke, l'insegnante del gruppo mi fa una domanda.

Ma non una domanda di quelle appena appena bizzarre e leggermente fuori luogo, alle quali puoi sempre cercare di rispondere salvando capra,cavoli e faccia del malcapitato.

Niente di tutto questo.

Se ne esce con una domanda senza speranza di redenzione alcuna, senza la chance di recupero, né morale né, tantomeno, tecnico...




Non che non ci abbia provato, badate!

"E se volessi fare Ikkyo URA, da quella posizione?" mi chiede.

Dico che da quella posizione può fare tante cose, Ikkyo omote, in primis, ma che ruotare dietro uke e raggiungere la posizione ura è un po' una forzatura.

"No, ma se volessi fare PROPRIO Ikkyo ura?"

La risposta giusta in quella situazione doveva essere
"Saresti stupido!"

Ma chiaramente non si poteva dare...
E quindi ho preferito parafrasare.




Poi ci ho pensato un po' su...
Il problema non origina nella capacità intellettiva dell'istruttore.
Il problema è che qualcuno ha convinto il povero insegnante, ed altri come lui, che sono loro a poter decidere A PRIORI quale tecnica portare ad uke.

Gli hanno fatto capire che Ikkyo, Iriminage et similia, funzionano sempre ed a prescindere dalla situazione e che loro possono tranquillamente scegliere quale carta giocare, in base a quella che al momento ritengono di saper fare meglio.

L'unico onere è ricordare alla perfezione tutti i dettagli del kata.
Come se ricordare e sapere fossero la stessa cosa...




Non solo.

In questo modo ha tralasciato per anni tutto ciò che è inerente alla capacità di ascoltare e comprendere i parametri della relazione, lasciando la propria sensibilità tattile e la percezione della situazione allo stato brado, al punto che ad oggi gli risulta quasi impossibile rendersi conto se la distanza alla quale si trova, agevola Kotegaeshi o Tenchinage...

Per assurdo, i suoi allievi principianti sono avvantaggiati rispetto a lui, perché i loro recettori non sono asserviti in schemi mentali e motori rigidi e canonizzati.




Ora vi chiedo: è possibile che l'Aikido preconfezionato non solo non acuisca le qualità del praticante, esaltandone i lati positivi e le potenzialità relazionali, ma che addirittura lo peggiori, lo abbrutisca e lo insipidisca, rendendolo cieco, meccanico e prevedibile solo ed unicamente per arricchire le tasche del maestrone di turno?

O forse semplicemente creano lo spazio vuoto, nella testa dei propri allievi?

2 commenti:

  1. A parte la triste conferma, credo che la responsabilità sia veramente in piccola parte dell'insegnante, che, consapevolmente o non, non ha quasi nessuna speranza (per insegnante intendo la fonte dell'insegnamento). L'allievo può scegliere l'insegnante, ma l'insegnante non può scegliere l'allievo.
    Nonostante l'edu-castrazione ricevuta che è dura a morire, ribadisco l'oggettiva stupidità di alcuni "principi", anche quando questi sono stati assimilati negli anni, e chiunque abbia un minimo di capacità di pensiero, può riuscire a far accendere una lampadina nel buio più totale. Se questa lampadina non si accende, nonostante influenze chiare come le tue, allora è giusto che l'allievo continui per sua volontà a divagare nel buio ed imitare in eterno.
    L'ignoranza è una scelta, secondo me, oggi come non mai

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  2. domamda: ma dopo un paio di anni di palestra non si pratica ogni tanto ''difesa libera'' non dico su attacco libero ma tanto per verificare se si sta ingranando, se non si sta sbagliando qualcosina di fondamentale?

    video fantastico.

    ciao danilo

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