11 dicembre 2011

Lo stage, la sincerità e la buccia di banana

Come alcuni sanno e molti ignorano, recentemente ho partecipato ad uno stage a Granada con Endo Sensei.





Normalmente non amo troppo parlare delle esperienze post stage, perché trovo siano soggettive tanto quanto la visione di un film o di un quadro d'autore.

Qualcuno lo reputa un capolavoro,lo rivede 5 volte o batte all'asta assegni a 4 zeri per averlo sul caminetto,
qualcun altro lo trova un insulso spreco di tela o cellulosa.




Però questa volta strappo la regola e ve ne parlo.
E non per dirvi quanto sia valsa la pena fare 8 ore di volo e 16 di aeroporto, no.
Piuttosto per dirvi PERCHE' ne è valsa la pena!

Prima che lo diciate, NO, non sono un dannato sadico che vuole a tutti i costi farvi morire di invidia.

Mi piacerebbe esaminare,semplicemente, i motivi grazie ai quali, secondo me, un raduno funziona bene anzicchenò.

SINCERITA'.

Il maestro Pinco Pallino insegna un Aikido fatto di bucce di banana.
Ad ogni attacco di uke, lui lancia la sua buccia di banana proprio sotto i piedi dell'altro, in modo da farlo ruzzolare sul tatami.





Ci sono mille altri modi di atterrare uke.
Io li conosco e li preferisco.
Li conosce anche Pinco Pallino.
Solo che lui preferisce le banane.

Sono libero di andare al seminario di Pinco Pallino? Si.
Ma se ci vado devo portarmi le banane e rispettare il criterio scelto da lui.
Punto.
Altrimenti vivo lo stesso, e vivo pure meglio, se non ci vado.
Non solo!
Vivono molto meglio quelli che invece aspettano tutto l'anno di lanciare banane per il tatami.





Sul tatami di Granada eravamo circa 150 persone.
Tutti volevano fare quella pratica.
Non ce n'è stato uno che ha cercato soluzioni al di fuori del campo di ricerca scelto dall'insegnante.
Nessuno che, per esempio, abbia scelto di far male al compagno, perché gli sembrava più efficace....

Questo permette di studiare e di portare appresso delle idee, senza dover passare il tempo a dimostrare ad uke la validità di un metodo, finendo inesorabilmente dopo due giorni a scegliersi i compagni con cui si lavora meglio.

DEDIZIONE.

Quando investo tempo e denaro in uno stage, lo faccio perché voglio allenarmi.
Non voglio parlottare, non voglio fare l'assistente insegnante, scegliendo di praticare solo coi beginners ed imponendo loro la mia visione, non voglio mimare l'allenamento per non sporcare i keikogi.

Voglio praticare con quante più persone è possibile, chiedo una razione abbondante di acido lattico ed occhiaie al calare delle tenebre.





E possibilmente voglio condire il tutto con una bella spruzzata di divertimento.

In questo stage c'è stato uno spreco assoluto di sudore e sorrisi.
Pratica a gogo, con un ritmo così elevato che ricordava i tamburi del Kodo e sorrisi di piacere e gratitudine verso chi ti permetteva di allenarti in questo modo.

Nessuno sprazzo di ego.
Nessuno che ha punito nessun altro per averlo stancato.
Nessuno che ha cercato di bloccare l'azione del partner perchè si sentiva stanco.
Nessuno sguardo rabbioso alla fine della sessione di allenamento.

INTEGRITA'.

Questo punto dovrebbe essere un distintivo della disciplina.
Un Aikido che ha come fine la lesione dell'altro non è Aikido. Punto.
Ma uno stage di 5 giorni dove nessuno si fa male e dove nessuno cerca di farti male anche quando non gli riesce il movimento,è una cosa più unica che rara.

Eppure c'era una commistione di stili, nazioni,elementi e gradi molto eterogenea....
Mi fa pensare molto questa cosa....





GRUPPO.

Per me l'Aikido è fatto per unire.
Una pratica che nasce e muore sul tatami è una pratica fine a sé stessa e per lo più inutile.
Anzi, direi quasi fallimentare.

Un gruppo che lavora insieme per 5 giorni, due volte al giorno, fa Aikido se comincia a cercarsi anche fuori dalla pratica, se sceglie di condividere i momenti di allenamento COME quelli di riposo, se si confronta sul movimento e sulle sensazioni che quel movimento ha lasciato dentro di ognuno.

Questo ho visto a Granada.
Ho visto gente arrivare da sola ed uscire in gruppo dal dojo.
Ho visto smarrimento trasformarsi in sorriso.
Ho visto abbracci alla fine delle lezioni.




FAMIGLIA.

Questo è un punto a parte.
Questo riguarda me e basta.
Luis, Elena, i due Rafael, Nieves,Ana, Kike,Wakana, Antonio, Guglielmo e tutti gli altri...
Mi hanno accolto come se fossi uno di loro.
Completamente, senza nessuna riserva.
NESSUNA.
Ed io mi sono sentito parte del Musubi e del loro clan, come se lo fossi sempre stato.
Sento di avere una famiglia, in Granada.
Sento che loro hanno una famiglia a Napoli.
E sento che se uno solo di noi avesse bisogno degli altri, la distanza diventerebbe in un istante microscopica.


3 commenti:

  1. Por lo que pude comprender, estoy de acuerdo, pero es lo que normalmente encuentro en los seminarios adonde voy: buen entrenamiento, respeto y amistad,aunque en este caso habia un gran maestro, uno de los mejores del mundo ahora mismo, gracias
    Carina

    RispondiElimina
  2. Ciao Fabio...
    Ho letto l'articolo e ti faccio il mio inchino...
    Sottolineo solo una cosa...Pratico da molti anni e modestamente trascorsi la maggior parte a fare da uke, ma in circa 150 stage nazionali ed internazionali non ho visto mai nessuno farsi del male e tanto meno io....
    Questo per dire che da noi, (del ki-aikido) pur praticando con ritmo e decisione non è stupore che non accadano diciamo inconvenienti fisici, è regola esattamente il contrario.

    RispondiElimina