23 dicembre 2012

I viaggi nel tempo, vecchie panzane e l'ingrediente segreto

Parlavo recentemente con un mio fraterno amico a proposito di un grande equivoco che pervade e possiede il magico mondo degli aikidoka.
Una di quelle verità storiche completamente inventate che in qualche modo ottengono tanta attenzione da diventare perfino credibili.

Più o meno alla stregua di John Titor, il soldato che nel novembre 2000 ha cominciato a postare sui forum americani la storia che lui arrivasse dal futuro, dal 2036, e che fosse tornato indietro nel tempo da una realtà distrutta da una guerra atomica e che avesse viaggiato per recuperare alcuni strumenti tecnologici inutilizzabili nella sua epoca.





Titor divenne subito un fenomeno di tal portata da interessare le tv di mezzo mondo ed un personaggio che pur scrivendo minchiate stratosferiche ancora oggi viene celebrato come un eroe nei siti di profezie e maghetti.

Tutti sappiamo che probabilmente si trattava di un adolescente onanista di Sesto San Giovanni, all'anagrafe conosciuto come Ermenegildo Vattellapesca, ma è più romantico pensare ad un novello Mr Peebody che attraversa i secoli per salvare il pianeta.

Titor è solo una delle leggende metropolitane che da sempre circolano in rete e che creano la corrente del Non Pensiero, sostenitrice accanita del "non è vero, ma MI PIACE crederci!"




Dalle nostre parti la leggenda più comune è che basta mettersi un Hakama addosso e salire su un tatami per acquisire misteriosi poteri e sopite qualità capaci di:

- Renderci Uomini migliori
- Atleti di primo ordine
- Tecnici chirurgicamente perfetti
- Guerrieri invincibili.

Ora...quando avete smesso di ridere ricominciamo.

Sembrerebbe abbastanza scontato sottolineare che ciò che non si allena non si sa fare.

Ma lo sarebbe anche dire che i viaggi nel tempo non esistono, altrimenti avremmo un pienone di gente venuta dal futuro a fare la pelle a qualche politico di troppo.





Eppure è così.
Se non cadi, indossare l'hakama non ti renderà capace di farlo.
Se non ti alleni fisicamente, l'hakama non aprirà i tuoi polmoni e ti donerà fiato a sufficienza per dieci, dico dieci, minuti di normalissimo keiko.

Se non ti alleni con un uke che attacca in maniera più libera, quando qualcosa non andrà secondo le tue previsioni farai la fine dei botti di capodanno.

Se il tuo corpo Aiki diventa obeso e rigido, affannoso ed indisponibile al movimento, quale esempio puoi dare ai tuoi allievi?
Come puoi supportare VERAMENTE il gesto tecnico che dici di conoscere??

E soprattutto, nessuna hakama ti renderà un uomo migliore, se non comincerai a vivere comportandoti volutamente come ciò che desideri essere.

L'Aikido è un dito puntato in una direzione.

Indica la Via.

Nessuno può percorrerla per noi, nemmeno il più graduato degli insegnanti.

Ed il peggio che possiamo desiderare è un hakama magica che cammini al posto nostro.






29 novembre 2012

Self Correcting System

In più occasioni ho letto in giro che la Terra è un sistema "Auto correttivo".
Un sistema che sperimenta differenti soluzioni e che permette all'evoluzione di scegliere quale di esse sopravvive e quali, invece, andranno a scomparire nel dimenticatoio degli estinti, nel cestino del desktop di Darwin.



In poche parole, funziona così.
Senza preoccuparsi di correre verso una perfezione irraggiungibile, il pianeta testa i suoi miscugli di DNA.

Pur partendo da un numero limitatissimo di proteine, le possibilità offerte dalle loro combinazioni sono pressocchè infinite, un pò come le note e la musica.

A nessuna di esse è negata una chance. Ognuna può giocarsi le proprie carte sul tavolo dell'Evoluzione, salvo accettare che la posta in gioco è la scomparsa dagli annali e la assoluta condanna alla non riproduzione.

Come se venisse bannata dal menù dei cocktail come "non idonea a sopravvivere."





In che modo questa pallina blu decide chi è dentro e chi è fuori dalla lista degli invitati?

Lascia che la specie si estingua da sè.
Gli permette di percorrere completamente il vicolo cieco della sua varianza fino a che non sbatte col naso contro il muro.
E solo allora comunica che non è consentito fare passi indietro.
Tanto materna e di larghe vedute nel concedere spazio, tanto inesorabile nel chiudere la porta in faccia, quando la deludi.





Immancabilmente mi è venuto da rapportare questa visione all'Aikido.

Se ci pensate un attimo è geniale...

Un sistema autocorrettivo, che ti permette di sperimentare ogni possibile soluzione e ti sorride fraternamente quando ti racconti ogni cazzata possibile perchè la tua personale combinazione genetica sopravviva ai fallimenti in allenamento.

Verrà un momento in cui il tuo corpo sceglierà da solo cosa tenere e cosa buttare via.

Verrà un giorno in cui i tuoi muscoli e le tue articolazioni si armeranno di animo e coraggio e butteranno via tutto ciò che ingombra inutilmente la soffitta, non importa quanto tu ci fossi affezionato.
Via il cappello del bisnonno, via il trenino rotto e le mutande della prima comunione.
Via quella tecnica tanto spettacolare e coreografata che ti faceva sentire fighissimo, quando uke era perfettamente d'accordo a fare il cascatore, via quel movimento che richiedeva ore di palestra per funzionare, via i gesti innaturali e tutto ciò che necessitava di essere pensato e ricordato mentalmente...




Self Correcting System....

Certo...Possiamo dargli una mano...possiamo metterci nelle condizioni di testare quale conoscenza conservare e quale scacciare senza pietà.

Come una bella eruzione, un manto di ghiaccio che avvolge il pianeta o un bel diluvio...
Un piccolo esperimento per dare uno schiaffone sul culo dell'evoluzione e farla muovere con più energia...
Io lo chiamo caos guidato.
Ma non è indispensabile.

Possiamo credere di restare immobili nelle nostre condizioni mentali e fisiche per sempre.
Inesorabile il sistema verrà a testare ciò che può restare e ciò che invece deve fare le valigie...

Il suo test si chiama Età.


18 novembre 2012

Il Randori, Morihei ed il Banco di Prova

In Aikido, si sa, non esiste il combattimento.
Questa frase, usata ed abusata a destra e a manca, comporta una serie di riflessioni tra l'interessante e l'inquietante.

Prendiamo i dati di fatto.
In Aikido non esistono gare di combattimento.
Non ci sono regolamenti, non ci sono categorie e non ci sono coppe in palio.
E fin qui tutto ok.
Nel 99,9% dei casi, i ruoli di tori ed uke sono ben definiti e l'uno esiste in funzione dell'altro.
Esiste il kaeshi waza, è vero, ma esso è allenabile solo in funzione di parametri dati, come lo studio di una determinata forma da ribaltare o di un determinato errore da sanzionare, e non è assoluto e scientifico.
E pure qui, nessun problema.
Dunque quale momento resta ad un aikidoka per mettere in gioco il proprio sapere in situazioni AIKIDOISTICHE, ma non preordinate?
Il Randori ed il Jyuwaza.

E qui cominciano i casini.







Uno dei più famosi Shihan in circolazione, suole dire che il Randori non esiste e che l'Aikido è kata e rigore.

Arbitro cornuto.

Nel senso che colui che giudica non può mai sapere cosa fa la moglie a casa sua.

E nelle case che hanno Morihei affisso al muro, generalmente, il Randori ed il Jyuwaza si praticano eccome.

Chi più e chi meno, ovviamente.

A casa mia si pratica "più".

Cosa intendo per più?
Ora vi spiego.

Il Jyuwaza non è un esercizio, ma un percorso.

Un viaggio attraverso cui i rapporti spazio temporali,  i files in memoria inerenti ad i kata e tutto ciò che concerne quella tranquillità interiore che inconsciamente raggiungiamo prima di iniziare a provare una tecnica, sono messi in discussione.

I parametri con i quali solitamente partiamo, che danno per scontata la posizione di uke, il fatto che arrivi dal davanti, il lato dell'attacco, la velocità, la nostra posizione, la nostra respirazione, la chiarezza delle nostre percezioni, in Jyuwaza, come in Randori, non sono scontati manco per il caxxo.







Ma perchè parlo di percorso?
Perchè tutto ciò è soggetto a delle variabili progressive di libertà che vogliamo concedere ad uke o alla situazione.
Step che, attenzione, non siamo obbligati ad affrontare se non ne abbiamo il coraggio o la preparazione,  ma che fanno la differenza su quanto "RAN" andiamo a gestire nel "DORI".

Youtube abbonda di clips nelle quali sedicenti maestroni eseguono tecniche pensate a priori su uke monoattaccanti.
Nel senso che il loro ruolo si esaurisce quando terminano il gesto, shomenuchi, per esempio, per riattivarsi unicamente al momento della caduta, atleticamente finalizzata alla vanità del tori.

Spesso li vediamo terminare il loro attacco e paralizzarsi, come se il video clip andasse in PAUSE e solo il maestro potesse muoversi all'interno del tempo immobile...

Per quanto mi riguarda, generalmente do un margine di libertà ad uke abbastanza ampio, già da subito.

Può scegliere il lato dell'attacco, la posizione dalla quale attaccare e normalmente comincia con due o tre attacchi a disposizione, con i quali proporsi.
Tutto ciò ha una regola perentoria.
Finchè tori non prende il controllo dell'azione, uke deve continuare ad attaccare senza sosta.

Faticoso?
Tanto.
Sganascioni che arrivano a segno?
Tanti, anche loro.
Ma tanto è anche quello che si impara man mano che si aumenta la libertà dell'altro.





Per me, tutta la parte formativa, sia fisica che tecnica trova il suo senso compiuto nel Jyuwaza.
Esso non rappresenta un completamento della preparazione.
Ai miei occhi è la sublimazione finale di tutto ciò che apprendiamo.
E' il momento in cui si smette di fare esercizi, geometrie, propedeutica e tradizione e si comincia veramente a fare Aikido.

In quest'ottica, quello che viene fuori dal banco prova del Jyuwaza, ci permette di riguardare diversamente a tutti gli strumenti che avevamo messo nella cassetta degli attrezzi giorno per giorno.

Una pinza d'oro zecchino, per esempio, è bellissima e very chic, ma poco utile se si tratta di tirare un chiodo...




Così per i waza.
Invece di masturbarci mentalmente su cosa può fare uke mentre noi facciamo Ikkyo, comprendiamo immediatamente che quando decidiamo di fare Ikkyo è proprio perchè uke non poteva opporsi in alcun modo.
Per lo meno senza finire dritto dritto nelle fauci di Iriminage....

Alla stessa maniera anche l'attitudine può essere rivista attraverso le esperienze del RanDori.

Una delle cose che ci portiamo dietro come retaggio tradizionale è la regola di mantenere la schiena dritta in tutto ciò che facciamo.

Sicuramente all'inizio essa significa postura, equilibrio e consapevolezza del proprio asse verticale.
Ma alla lunga diventa un blocco, che oltre a farci rassomigliare a dei burattini con un jo infilato nel sedere, ci porta a bloccare la mobilità della colonna.

Ultimamente sto rivalutando di molto la mobilità vertebrale e la possibilità di schivare un attacco più "sporco", con una manovra evasiva simile al "bobbing" del pugilato.




Strano a vedersi fatto in hakama.
Eppure immediato, istintivo, efficace e perfettamente in sintonia con lo spirito dell'Aikido.

Quell'Aikido fatto di struttura e destruttura, fatto di Go e di Ju, di solido e di cedevole, capace di un SABAKI per ogni articolazione, che mantiene vive e mobili ognuna delle sue cerniere.

Spostare la testa, se attaccati alla testa, spostare la spalla, il busto, le gambe, quando vengono attaccate, è una possibilità che non può essere devoluta a carico di un unico movimento teso ad evadere con tutto il corpo contemporaneamente.

Un braccio che si distende bruscamente verso il nostro viso sarà sempre più veloce di qualsiasi Irimi Tenkan non preparato in anticipo, mettiamocelo in mente.

Morihei definì l'Aikido, tra le tante, anche come "Sfera Pulsante".
Un organismo vivente capace di chiudere completamente sul proprio centro ogni segmento e di riaprirlo espandendosi in maniera esplosiva.

Leggo e mi verrebbe da dargli una pacca sulla spalla...

Caro Nonno, sei sempre il migliore!










7 novembre 2012

Aikido Blogger Seminar AGGIORNAMENTI

Tutti i preparativi procedono a vele spiegate, soprattutto grazie all'ottimo Marco Rubatto che si sta smazzando in quattro per accogliervi nel migliore dei modi.

QUI potete scaricare la brochure dettagliata dell'evento, per quelli che ancora hanno bisogno di un incentivo per prenotarsi un B&B a Torino o per quelli che già tengono in mano il biglietto aereo e faticano a trattenere la bava in attesa di un'anteprima!

6 novembre 2012

Takuan Soho, il Modo ed il Motivo

Alla fine di uno dei suoi stage, Endo Sensei una volta tenne un discorso molto interessante.
In genere, ogni volta che termina un seminario, spende spesso due parole per sottolineare il senso di ciò che ha mostrato, ma in quello'occasione citò Takuan Soho.



Che è un pò come Spielberg che cita Hitchcock,  per intenderci, o Luc Besson che cita Sergio Leone...
Non puoi fare a meno di ritrovarti con gli occhi lucidi e i peletti del braccio drizzati. ..
In una lettera scritta a Yagyu Munenori,  Takuan parlava di due tipologie di allenamento.
Allenare il Ji,  il Modo, ed allenare il Ri, il Motivo.
Ora,  che allenare il Modo, significhi approfondire la tecnica, questo lo capirebbe anche mia nonna.
Come si fa Udekimenage? Questo è il Ji.
La cosa carina da notare è che la maggior parte degli insegnanti giustifica le proprie tecniche a partire dalle proprie premesse.
Se faccio così lui fa cosà, quindi invece di fare così faccio cosò.
Come si fa a dire cosa farà lui, non lo so davvero.
Uke non ha regole e può reagire come meglio crede, a meno di non fare cose completamente senza senso.
Tipo: io tiro Ikkyo omote e lui si mette un dito nel naso.



La follia non è contemplata...
Ma se io faccio Ikkyo omote e lui si gira e fa un passo, la cosa è molto meno folle e molto più probabile di quanto sembri...
Allora inizia la correzione.
Io condiziono uke a rispettare le mie premesse e le mie previsioni, cosicchè lui crei quei parametri giusti affinchè la mia logica non faccia una grinza.
Sul dizionario di google, questa cosa è citata come "barare".
Ma diamola per buona!
In fin dei conti, se ogni logica rappresenta un caso, ed ogni caso rappresenta un possibile scenario, ogni logica ha diritto di esistere e dignità di essere studiata.
Dunque nello studio del Ji, ogni Modo è il modo giusto, purchè all'interno del sistema tecnico ci sia un minimo di coerenza e di senso logico.
Nonostante ciò, per molti, a detta di Takuan, un monaco Zen vissuto nel 1600, il Ji è l'unica modalità di allenamento.



Il Motivo, ossia il perchè ed il quando, è lasciato al domani, a quanto il Ji sarà perfetto, a quando il praticante conoscerà ogni singolo dettaglio della forma, nella logica del suo insegnante, finchè quest'ultimo non si "evolverà" e la cambierà radicalmente.

Come dire "Conosco ogni dettaglio del cambio della mia auto, ne conosco gli ingranaggi, il peso, la dimensione, i materiali specifici e la profondità dell'incavo sul pomello. Ancora non so quando passare in seconda, ma un giorno ci arriverò!"
Il RI è imparare a riconoscere quando utilizzare uno strumento, perchè preferirlo ad un altro in base a parametri che per una parte sono schematizzabili ma per l'altra sono del tutto personali.


Significa allenare la comprensione, la strategia, la percezione tattile, la visione.
Significa mettere in gioco il proprio sapere e renderlo Vivo.



In ultima analisi significa comprendere come porsi nei confronti della situazione, per essere in grado di servirsi dei propri strumenti.
Per diventare tutt'uno coi propri strumenti...
Scrivetelo in agenda.
Dal prossimo Keiko, allenare la tecnica ED allenare il corpo a capire come servirsene.


1 novembre 2012

La sedia, la coerenza e il messaggero

Facciamo due conti.
Nel Giappone feudale, la vita media era all'incirca 60 anni.
Il che vuol dire che a 50 eri considerato vecchio, saggio e prossimo alla dipartita.
I samurai apprendevano qualcosa come 17 differenti discipline, dal maneggio delle armi al Jujutsu, dall'equitazione alle tecniche di arresto.
Ora, se consideriamo che per apprendere ognuna di queste discipline in maniera tale da affidare alla loro conoscenza le nostre chiappe ci vorrebbero per lo meno 5 anni di studio quotidiano, in media, dedicandone di fatto 7 alla spada e 3 al cavallo, per esempio, ed utilizzando la calcolatrice del mio pc, troviamo che 5x17=85
85 anni di allenamento quotidiano per padroneggiare tutto il sapere del Budo.
Senza manco eccellere, diciamocelo.



Bene.
Contiamo che un guerriero doveva essere pronto per scendere in battaglia prima dei 20 anni e chiediamoci un minuto come questo fosse possibile.
O i giapponesi avevano inventato una qualche magia per zippare 10 anni di allenamento in uno, una sorta di WinRar temporale, che sarebbe un pò il sogno dell'essere umano, oppure la loro didattica aveva un qualche segreto.
Viaggi nel tempo a parte, la spiegazione si trova in un unico principio di insegnamento delle discipline del Budo.
Il "RIAI".

RIAI vuol dire "coerenza".




Si parla della capacità di scambiare competenze tra varie aree di lavoro, in modo tale da utilizzare delle conoscenze acquisite in una di esse, per evolvere la maestria in tutte le altre.

Così,a livello strategico, quando si parla di "Nuki", per esempio, ossia la strategia di offrire un bersaglio all'avversario per attirare in quel punto il suo attacco, essa può essere utilizzata indipendentemente dall'arma che stavamo maneggiando.

Allo stesso modo, a livello tecnico, quando si parla di pressione indiretta, si identifica un movimento di una sezione del corpo utilizzando come motore un punto distante da quella sezione.

Flettere il gomito per alzare una mano, per esempio, è una trovata tecnica che funzia nel Jujutsu, per liberare un braccio, come nel Kenjutsu, per sollevare la spada o nel Jojutsu, per governare la punta e così via.

Per noi aikidoka, il Riai dovrebbe essere quel ponte che fa si che tutte le nostre aree si supportino l'una con l'altra.

Suwari Waza, Hanmihandachi, Tachi ed ovviamente Bukiwaza.

Ma secondo me, non solo.
Credo che quando il nostro sapere si universalizza, e passa dalla conoscenza dello strumento "arma" o dello strumento "tecnica", alla conoscenza dello strumento "corpo" e del rapporto "spazio-tempo", esso possa portarci anche al di fuori delle nostre aree di competenza.



Maneggiare un bastone corto, per esempio, pur non avendolo mai imbracciato, non dovrebbe essere così innaturale per chi si è allenato nel Taijutsu, nell'Aikiken e nell'Aikijo con lo spirito del Riai.

Nell'ultimo seminario di Palermo, per spiegare il Riai ho improvvisato un Jyu Waza utilizzando una sedia come arma.

Una sedia, avete letto bene.

Chiaramente non ispirandomi alle immagini dell'Uomo tigre, per quanto quelle scene impreversassero prepotentemente nella mia mente!

Ma come se fosse un Jo a 4 punte, passando da una presa di contatto ad una centralizzazione e ad una proiezione.
E man mano che ci prendevo gusto, riuscivo anche a mettere uke seduto sulla mia sedia, invece che lanciarlo via.

Il senso è semplice: se si sta attenti a non confondere il messaggio col messaggero, lo si può vestire di qualunque costume, conservandone il senso, la sensazione ed il piacere di praticarlo.









22 ottobre 2012

Picasso e l'arte in oriente e in occidente

Qualche digressione a mente libera...
come dire "cazzeggiando davanti ad un caffè".


Pablo Picasso nacque a Malaga alla fine dell'800 e bla bla bla.......
anche bla e bla.

Andate su Wikipedia e cercatevi la sua biografia, se vi interessa.
Anzi meglio, andate in libreria e compratene una in carta patinata, così avete a portata di mano anche le foto delle sue opere.

Cosa potete leggere di lui su Aikido Vivo?

Frammenti del suo pensiero.

Poche battute, che rivelano un genio ineguagliabile.

E che possono essere davvero un'immensa fonte di ispirazione per chi crede che l'Aikido sia veramente un'arte.

A proposito di questo.

Recentemente qualcuno ha scritto un articolo su come in Giappone "Arte" sia ripetere paro paro una cosa esattamente come la faceva colui che ce l'ha insegnata.

Fare il "tale e quale", dicono in provincia di Salerno, quando parlano di fotografia o di fotocopia.


L'autore dissertava su come in Occidente arte sia espressione di sè attraverso un'opera, quindi qualcosa di autocelebrativo, mentre in Giappone arte è assenza di sè nell'opera, quindi tramandare sic et simpliciter.







come si può chiaramente vedere da queste opere, non c'è nessuna forma di personalizzazione in nessuna di esse.
E quindi ognuna di esse rappresenta la realtà così come essa appare al Sol Levante.

...

!!

Torniamo a Picasso, và...


"Un giorno un critico attaccò Picasso dicendo che la sua arte era troppo poco realistica.
Picasso gli domandò di mostrargli un'opera che fosse realistica ed il critico tirò fuori la foto di sua moglie.
Picasso rispose " Beh, dunque lei ha sposato davvero una tipa di 7 cm, in bicromio, senza gambe e bidimensionale?"

-

"Quando i nazisti videro Guernica, chiesero a Picasso se davvero avesse fatto lui quella mostruosità.
-No!-rispose lui- siete stati voi!-"

-

Un giorno Picasso disse " A 12 anni sapevo già dipingere come Raffaello. Ma ci ho messo una vita ad imparare a dipingere come un bambino!"

-

Ripeteva sempre "I mediocri imitano. I Grandi rubano!"

-
Ad un uomo che lo accusò di dipingere come un bambino di cinque anni rispose
"Magari potessi....!"




17 ottobre 2012

Ispirational




 Le due facce di una stessa medaglia. Resta da capire quale sia la più inquietante!!!;-)

12 ottobre 2012

Il Principiante, Cupido e la Cenetta Romantica

Recentemente guardavo un pò l'atteggiamento degli insegnanti verso i nuovi iscritti e facevo qualhe considerazione.
Sapete che c'è?
Mi pare che si dia troppo per scontato che la gente si iscriva ai nostri corsi perchè ami l'Aikido.
Credo che, tutto sommato, questo sia veramente un grosso equivoco...

Chi viene da noi crede di trovare qualcosa che non ha trovato altrove.
Ha un'idea di ciò che vuole, la cerca in giro e resta deluso.
Ed alla fine, crede che in qualche modo noi possiamo colmare quel bisogno.

Come quando vedi una tipa per strada e pensi "Eccola, è LEI!"





Non la conosci, non sai chi sia, dove abiti e cosa faccia.
Non sai nemmeno il suo nome, a volte.
Ma il tuo inconscio ha già girato mezzo colossal, a riguardo.

Quindi la guardi e sai una sola cosa, per certo.
"La tipa mi intriga!"
Ti intriga, mica la ami!

Ti stuzzica, vuoi parlarci, telefonarle, messaggiarla su facebook, provocarla un pò, uscirci, andarci a letto e magari ricominciare a messaggiarla.

Ma se ti chiedesse di sposarti alla prima uscita cosa faresti??
Se invece di darti il suo numero di telefono, ti chiedesse di andare a casa sua a parlare col suo babbo, cosa le risponderesti??






Certo, i nostri nonni facevano così,un tempo.
UN TEMPO!

Oggigiorno magari vorremmo fare tutte queste cose da "fidanzati", come andare a pranzo dai suoi o accompagnarla ad una cerimonia di famiglia, ma magari anche no!

Non possiamo saperlo da subito.
Dobbiamo conoscerla un pò sotto tutti i punti di vista, di mattina, di pomeriggio, di sera, a tavola, a letto, al cinema.
Vogliamo farci l'amore, vogliamo partire insieme...

Insomma: vogliamo conoscerla completamente, ad un primo stadio.

Un primo, badate bene, perchè scordatevi da ora che quello stadio sarà uguale a quello dell'ultima metamorfosi.




Scordatevi che una settimana a Sharm possa farvi capire cosa significherà abitare insieme un bilocale di periferia per tutta la vita.

Ma per amarla dobbiamo conoscerla completamente almeno ad un livello superficiale.

Quando decideremo che ella sarà la nostra compagna, che percorreremo insieme tutta la strada, ricominceremo a conoscerla daccapo in un nuovo contesto di 24 ore al giorno.

Il nostro ruolo è un pò questo.

Essere un pò Cupido tra il principiante e la disciplina.





Fargli conoscere l'Aikido completamente e lasciare che sbocci la scintilla dell'amore.
Proporgli delle esperienze tramite la pratica, lasciare che provi delle sensazioni, che ascolti il proprio cuore mentre esegue degli esercizi, mentre entra in contatto con i compagni.

Non rimpizzargli la testa di dettagli su come gestire ogni parte del suo corpo per fare una tecnica efficacemente.

Presentargli il cammino, mostrargli gli obiettivi, guidarlo attraverso un viaggio emozionale.
E guardarlo crescere aspettando che nasca l'Amore.
Se non nascerà, pazienza.
Ma credo che ad ogni modo conserverà un ricordo piacevole di quel periodo.
In giapponese "Genitore" si scrive con un ideogramma che indica il guardare una pianta che cresce.
Guardare...non far crescere con la forza.
Il Sensei, secondo me, è un pò genitore dell'aikidoka che va nascendo nel cuore del principiante...

Lo so...
All'inizio il suo Ikkyo non sarà perfetto.
E allora? Chi se ne frega!!!


Sarà perfetto il ritratto che farà di noi il nostro bambino e che esporremo orgogliosi sul frigorifero??
Sarà perfetta la cenetta preparata da lei la sera in cui i genitori sono fuori casa?
Farà cagare, lo sappiamo tutti.

Eppure quella serata la ricorderemo per sempre, come una delle più belle della nostra vita...








9 ottobre 2012

Endo Sensei, Finlandia 010


Flessibile, rilassato, tranquillo, fluido, improvviso, imprevedibile, adattivo, chiaro, armonioso.

Endo Sensei...



5 ottobre 2012

Dare una mano

Un giorno nella foresta scoppiò un terribile incendio.
Tutti gli animali cominciarono a fuggire disperati, cercando di salvarsi pelle e pelliccia alla men peggio.
Qualcuno si tuffò nel lago, qualcuno si arrampicò sulla roccia, qualcun altro spiccò il volo.

Solo un piccolo colibrì prese a volare controcorrente con le piume zuppe d'acqua.
Un gruppo di animali lo fermò e gli chiese:
"Dove vai??Sei pazzo? non vedi quante fiamme?"
Il colibrì rispose
"Vado a dare una mano!"
Il branco, sghignazzando, lo derise
"Con quelle due goccioline sulle piume?"
E lui guardandoli negli occhi
"Provo a fare del mio meglio!"




Nell'Aikido porgiamo una mano in varie occasioni.

Discendendola sul cranio di tori, per esempio, quando attacchiamo shomenuchi.
Ascendendo sul petto di uke, quando chiediamo katatedori.
Divaricandogliela sul viso quando facciamo kokkyunage...

"Asdrubale, DAI UNA MANO ai principianti per preparare il sesto kyu?"
Il più delle volte si rivela una frase in codice per liberare il pitbull nascosto nel petto paffuto di Asdrubale che azzanna come malviventi i poveri beginners sdrumandoli di mazzate.

"Ragazzi, MI DATE UNA MANO a smontare i tatami?"

E' un'altra formula magica per liberare il dojo al più presto facendo volatilizzare tutti gli aikidoka al suo interno.

Questo "Dare una mano" è un pò l'Expelli Armus di Harry Potter, in pratica.






Ma c'è un'eccezione, secondo me.

Facciamo un piccolo test.

Cosa succede se vi chiedo di dare una mano a qualcuno che ne ha davvero bisogno?
Per ricominciare, intendo.
O per cominciare, addirittura.

Per esempio ai ragazzi i Emilia che stanno togliendo ancora le macerie del terremoto.





Per esempio ad un ospedale nel nord della Tanzania, dove i bambini finamente potranno finalmente essere vaccinati.





Cosa fare? Quello che vi piace di più. L'Aikido.
Insieme, divertendoci, con la forza,la passione  e l'allegria di sempre.
Solo che questa volta le energie impiegate serviranno materialmente a costruire una speranza, una luce.

Quante volte nella vostra vita avete sentito parlare di "Budo che da la vita", di "Arte marziale dell'Amore"?

Milioni, lo so...

Bene.

Questa volta, per la prima volta o per una volta ancora, il vostro Aikido farà la differenza tra vivere e morire.



Io e Gabriele vi aspettiamo a PALERMO, il 26 e 27 ottobre per dare una mano a TUMAINI ONLUS.






Alessandro, Fabio, Alberto e Sergio vi aspettano a MODENA il 27 OTTOBRE, per dare una manio in EMILIA ROMAGNA.




Se qualcuno non potesse proprio muovere il suo culone flaccido e peloso e portarlo a praticare con noi, ma volesse ugualmente supportare la causa, è possibile DARE UNA MANO con un versamento da casa.


Chiamare i numeri indicati nelle locandine per le info complete sugli stage e su quant'altro.




1 ottobre 2012

Aikido Blogger Seminar

I giorni sono scanditi da piccole cose, gesti quotidiani, sane o malsane abitudini.

Ognuno ha le sue.

Io, ogni mattina, amo prendere il caffè al bar.

Sarò sincero con voi.
Non mi fa impazzire il caffè del bar.

Mi fa impazzire il bar, proprio.

Mi piace l'atmosfera umida, l'odore di macinato fresco, il contrasto tra quelli che hanno tempo da perdere ai tavolini e quelli che invece sono sempre di corsa, tanto da non riuscire nemmeno a finire la consumazione.





Io faccio parte del primo gruppo.

E non perchè abbia tempo da perdere, sia chiaro.

Ma semplicemente perchè non mi importa di fare tardi.

Ed attardandomi a gustare un'atmosfera che mi rapisce, fingendo di bere un caffè che non mi piace, ne sento sempre di cotte e di crude.

Una delle cose che più mi mettono rabbia sono i discorsi al congiuntivo.

"Ahhhh Se potessi andare...."
"E se avessi i soldi!"
"Iiihhhh se ci fossi stato io!"
"Aaaaa se volessimo fare questa cosa, dovremmo aspettare quest'altra!"

Vi dirò, risco a trattenermi dall'intervenire quando questi discorsi li fanno i vecchissimi, abituè del bar sotto casa, tra un quotidiano ed una scopa, un fernet ed una sigaretta, ci sta pure che rimpiangano le infinite possibilità sprecate nella loro giovinezza.





Ma quando parlano così gli aikidoka, veramente non riesco a resistere.

E penso "Facciamolo, maledizione! Facciamolo per davvero!"

Così, quando Marco mi ha chiamato per propormi una cosa tanto folle, non ci ho pensato due volte a dirgli di si.

La scena è andata grossomodo in questa maniera.

Mentre mi radevo una barba ispida ed incolta, squilla il mio fido telefono con lo schermo totalmente appannato dal vapore.

La mia mano lercia di schiuma riesce a stento a rispondere senza dare allo smartfon il colpo di grazia.

"Pronto Fabio?"
"Ciawww Mrcwwwoo", rispondo io con la bocca tirata da un lato ed il Proraso in assedio.

"Mi è venuta un'idea!".

Ora, quando uno che si chiama "Marco Rubatto" vi chiama per dirvi che ha avuto un'idea, date per certo che sono diverse notti che non dorme e che ha consumato risme di carta a scrivere appunti.

Col rasoio da una parte, la schiuma nel naso ed il telefono nei pressi dell'orecchio, gli rispondo:
"Dimmmwwww!"

"Facciamo un seminario speciale. Qualcosa di diverso dal solito, un percorso guidato lungo un weekend, che abbia come capitani i tre bloggers più attivi in ambito aikidoistico italiano ma che non sia cattedratico, quanto piuttosto lasci la possibilità di discutere, affrontando un tema specifico in ogni lezione, partendo da un'esperienza pratica e sviluppandola attraverso l'allenamento tutti insieme e cerchi di discussione, in modo che ognuno dei partecipanti abbia un momento in cui poter esprimere il proprio sentire, le proprie aspettative e la propria visione della disciplina!"

Ormai la schiuma mi era arrivata alle tonsille, mentre un fremito adrenalinico della lametta mi incideva bruscamente la giugulare.

Avvolto in un corredo intero di asciugamani di spugna, mentre cercavo di fermare le mie arterie zampillanti, riuscii a rispondergli soltanto:
"Cazzzwwwwwhhhh!!!!"





E' passato un pò di tempo da quella telefonata.

Chilometri di email, telefonate, messaggi volanti, proposte, video, locandine, planning...

Ed ora quell'idea è realtà.

Marco Rubatto, il responsabile di Aikime, Simone Chierchini quello di Aikido Italia Network ed il sottoscritto sono pronti a presentarvi qualcosa che non avete mai visto prima.

"Aikido Blogger Seminar" è molto più di uno stage.

 E' un viaggio al di la della scuola, della tecnica, dei loghi e delle federazioni.

E' un cammino nel sentire l'Aikido tutti insieme, nel preparare un'esperienza che non sia solo movimento, ma costruzione dell'idea del movimento e condivisione delle sensazioni che esso ha generato in ognuno di noi.

E' condivisione degli spazi di pratica e di riposo.
E' partire con l'attitudine di accettare gli altri e di costruire con loro una scala verso la crescita insieme, in una direzione nuova per ognuno e comune a tutti quanti.

E' l'Aikido come O'Sensei avrebbe voluto, quello che crea con i colori donati dalla differenza e non prova ad omologare tutto e tutti sui toni di grigio.



Il 15 e 16 dicembre a Torino proveremo a cambiare il mondo.

















Il nostro mondo.














Vuoi mancare proprio tu??









21 settembre 2012

Legno Vivo

Da Ottobre parte un progetto sul quale stiamo lavorando da alcuni anni.

L'idea è quella di isolare le competenze di Jo e Bokken, definendo un programma che parta dalle basi del lavoro aikidoistico armato, passi per lo studio formalizzato del Kenjutsu, dello Iaijutsu e del Jojutsu, e si evolva fino alla pratica libera di concatenazioni, jyuwaza e randori.

Ovviamente il punto focale sembrava una Mission Impossible: strutturare un percorso che permettesse di conservare la tradizione, la sicurezza e la formalizzazione ed al contempo affiancasse e supportasse l'idea di un Aikido Vivo.

La pratica assoluta di kata e kumitachi garantisce uno sviluppo guidato di tutte quelle qualità del praticante che si poggiano, anzi si stravaccano, sulla ripetizione e sulla memoria corporale.

Ma purtroppo tendono a schematizzare la mente e ad incanalare il pensiero verso un futuro già scritto, se diventano l'unico piatto a tavola, quando ci si allena.

Dunque lo abbiamo affiancato con una buona propedeutica volta alla fusione della carne, dei muscoli e del legno e ad una evoluzione in caos guidato, che porta ad un pò di errori e qualche livido, ma a tanti sorrisi, a tanta capacità di adattamento e gestione dell'imprevisto.

Insomma: se dicessi che nella formalizzazione di questo percorso ci siamo annoiati, vi racconterei un secchio di balle.

Suburi e Kamae di Ken e Jo, con una enorme gamma di applicazioni, Kata di Jo e serie di Kenjutsu ispirate alla scuola di Kashima, estrazione e taglio simultaneo secondo i kata della serie Battō, contatto e  adattamento con le armi, distanza, timing, controllo di attacchi non predefiniti ed esercizi con più attaccanti.

I corsi sono strutturati in lezioni di due ore, ogni quindici giorni.
Alla fine di ogni anno ci sarà una prova di valutazione per l'accesso all'anno successivo.
Ogni due anni ci sarà un esame con riconoscimento e certificazione della Federazione Italiana Aikido.
Il percorso completo prevede 3 certificazioni, come da tradizione dei Koryu.


BUKIWAZA PROJECT è tutto questo, condito con qualche storia sui samurai, qualche pizzata ed un mare di risate tutti insieme.

Alle armi, gente!
















17 settembre 2012

Ispirazioni del lunedì



Rimettiamo in gioco i nostri limiti.
Guardiamo le cose da altre prospettive...
Ciò che crediamo di sapere, è il sapere da cui non riusciamo ad uscire fuori.





15 settembre 2012

Il perchè ed il percome di Elements

Nelle note finali del DVD "Aikido Elements", un mio progetto per lo sviluppo di un approccio per aree al programmadi base, racconto il perchè ed il percome di alcune scelte, che sempre di più caratterizzano le premesse della mia visione della pratica e dell'insegnamento.

Riguardando quelle didascalie, mi sono reso conto che probabilmente sono la cosa più importante di tutto il lavoro e che rendono comprensibile tutto ciò che si è visto prima che apparissero sullo schermo.

Ragion per cui ho deciso di pubblicarle aggratisse, come sinossi, in modo che chi è interessato all'acquisto del DVD può capire da subito cosa tratterà.

Ho trascritto tutte le scritte nella descrizione del video. In maniera tale che chi avesse difficoltà a leggerle in riproduzione, trova tutto annotato sotto.

Già lo so...riposerò solo nella tomba. ;)

PS: chi volesse ordinarne una copia, può farlo da QUESTO link.
16 euro comprese spese di spedizione.
Che volete di più, che vi mando le pizze a casa?!

12 settembre 2012

Il Fiore e La Spada




Cosa avete in programma dal 21 al 30 di Aprile? 
Cazzate. 
Qualunque cosa fosse è riorganizzabile in funzione di questa. 
 Aprite bene le orecchie e prendete un pò di appunti. 
 La Federazione Italiana Aikido,sponsorizza ed in parte sovvenziona il primo viaggio studio in Giappone, con il patrocinio dell'Università "l'Orientale" di Napoli.
 Già vi ho scioccato? Aspettate di sentire il resto! 
 Il viaggio sarà di 10 giorni, di cui due di volo andata e ritorno con la compagnia di linea giapponese, quella con le playstation per ogni passeggero, che solo quello vale tutta la partecipazione. 
 I primi 4 giorni si alloggerà a Nagano, nel Saku Dojo di Endo Shihan, con Ariga Sensei e gli altri insegnanti, a fare vita da uchideshi... Dojo di legno, tatami originali, futon per dormire e tutta quella roba fighissima che, vuoi mettere con l'andare col treno in palestra, cambiarti e tornare a casa come uno sconsolato dopo la lezione???
 Per non parlare della qualità della pratica, una delle più elevate al mondo, senza dubbio. 
 Gli altri 4 giorni si alloggia a Tokyo, con un piede nella metropoli del futuro ed uno al seguito di Daniele Petrella Sensei, che, per chi non lo sapesse, è il direttore della missione archeologica italiana in Giappone e conosce il Sol Levante come io conosco il mio condominio. 
 Al seguito di Daniel San, calcheremo le orme dei Samurai fra Tokyo e Kamakura, alla volta del clan Minamoto, dei 47 Ronin, del castello imperiale e di tutta una serie di altre cosette, che se non mi fermo qui allago la tastiera con la bava.
 Certo, andare in Giappone costa un occhio della fronte, direte voi.
 E no! Qui casca l'asino! 
Questo viaggio, con biglietto aereo, abbonamento a tutti i treni, alloggi vari, allenamenti, visite guidate e chi più ne ha più ne metta, costa solo 1800 euro. 
 Resta solo da comprasi da mangiare, praticamente. 
Roba che se nascondete un provolone e una mortazza nella borsa, campate senza spendere un euro. 
Dov'è la fregatura? Non c'è. 
Dovete solo muovere il culo mouse e correre QUI a prenotare entro fine novembre. Chi resta a casa non è sfigato. 
E' La Sfiga in persona.


11 settembre 2012

Il principio, la tecnica ed il biscotto della fortuna

Una volta lessi da qualche parte che si diventa vecchi quando più nulla riesce a sorprenderti.
Doveva essere un libro di aforismi o un bigliettino dentro un biscotto della fortuna...





Stando a quello che dice la saggezza dei biscotti, io sono ancora un poppante, viste le cose che ancora riescono a sorprendermi ogni giorno.

Una di queste è come la gente dia per scontato ciò che scontato non è per niente.





Un tempo c'era la tendenza, quasi politica, a formare schieramenti di dojo.
Il nostro dojo è migliore di quell'altro perchè loro non si lavano i denti!
Oppure, la nosta disciplina è la meglio disciplina sulla Terra perchè noi siamo cazzuti e sopportiamo il dolore!
Insomma...quella roba lì.




Poi, il tempo ha decretato l'avvento di roba come i balli latino americani e la zumba ed i pochi marzialisti rimasti hanno imparato a convivere tutti insieme.

Fin qui, encomiabile esempio di come i sparuti superstiti di una antica civiltà facciano branco per sopravvivere al predatore più forte,dal punto di vista commerciale.

Il fatto è che respirare la stessa aria ci obbligherebbe a trovare un linguaggio comune, chiaro ed esplicativo, per parlare ci ciò che ci riguarda.

Ultimamente gli sforzi si sono canalizzati tutti nella sulla tecnica e sull'idea che ciò che identifica le varie discipline non sia lo strumento, il gesto, il colpo, ma il principio.

Ora vi chiedo un sforzo ulteriore.

Che significa "principio"?

Partiamo da lontano!
Scaviamo tra le mie reminiscenze scentifiche di livello elementare.




Se dico che il principio di dilatazione termica definisce che il calore aumenta il movimento elettronico e dunque si allunga lo spazio di legame e succede che la materia si espanda, questo non è un principio chimico.

Cioè, non posso dire che questo principio è valido e bisogna tenerne conto solo se si è chimici, mentre un fisico può fottersene altamente.

Non posso nemmeno dire che è un principio chimico-fisico, e gli ingegneri possono ignorarlo, altrimenti non potrei spiegarmi gli inserti di metallo lungo i ponti.

E vogliamo parlare dei biologi? Può un biologo cadere dalle nuvole, se un calore eccessivo dilata una membrana cellulare fino a romperla?

Ed il fabbroferraio??





Può un fabbro permettersi di tralasciare il fatto che utilizzando il calore possa plasmare i metalli o fonderli tra loro?

Un principio è un principio se è valido sempre.
E se è sempre valido, tutti devono rendergli conto!

Nelle arti marziali esiste il principio di forza tangente.



In soldoni, indica che quando una linea diretta verso il centro dell'altro, non riesce a passare, una linea tangente alla sua struttura, lo mette in movimento o in rotazione, a seconda di come ha piazzato il suo peso.

Il principio di forza tangente NON è un principio DI Aikido ,o DI Karate.
E' un principio meccanico a cui sia il karate che l'aikido devono relazionarsi.
Cambia il modo in cui lo fanno, ovviamente.

Il karate se ne serve per parare e deviare i colpi.
In aikido, per esempio, ce ne serviamo per Morotedori Kokkyuho, o per katatedori shihonage.









ma ci rapportiamo esattamente alla stessa regola!

Cambia la strategia.

E se la tecnica non fa la differenza, ed il principio è un super partes che ci presenta il conto indipendentemente dalla nostra divisa, la strategia non può che essere curiosità e ricchezza.