14 settembre 2011

De Kihon Waza

Il mio post precedente ha scatenato un putiferio di commenti, tra blog e social network e diverse telefonate di chiarimenti.



Non so bene se la cosa mi piaccia o meno, ma posso dire con fierezza che qualunque cosa risvegli il sonnacchioso mondo degli aikidoka dal loro atavico torpore è sempre e comunque positiva!

Partiamo con un chiarimento generale, che a questo punto, mi sembra d'obbligo.

"Kihon Waza" come termine, vuol dire "Tecniche di base".

Nel mondo dell'Aikido questo termine oggi è appannaggio comune, ma chi ne ha fatto stendardo è la scuola di Iwama, discendenza diretta del maestro Saito, uno dei maggiori sostenitori dell'importanza del Kihon.





In questa scuola il Kihon waza è il primo livello di studio, individuato con un allenamento in stasi pressoché totale, con uno studio degli spazi e degli angoli più che del tempo e della dinamica.
L'altra faccia della medaglia è chiamata Ki no Nagare, che vuol dire "Fluire dell'energia", in relazione a ciò che non è più statico, ma in movimento.

Quando io parlo di Kihon Waza, invece, intendo parlare di tutto ciò che è legato agli schemi motori classici, dove attacco, risposta e caduta sono perfettamente organizzati in un modello pseudo-perfetto, che, siccome ci giunge dal passato, si assume come valido a priori, per tutti.
Tipo il principio che "L'omm adda puzzà!"




Io, dicevo, mi riferivo al Kihon Waza parlando di esercizio standardizzato, statico o dinamico che fosse.

Ed è proprio la standardizzazione dell'esercizio che ho bandito dal mio studio.
Credo che l'individuo sia il campo di ricerca, l'oggetto della nostra investigazione, non il l'esercizio.

L'esercizio è la lente di ingrandimento per vedere l'individuo.
Sarebbe alquanto anomalo guardare LA lente e non NELLA lente......




Se a qualcuno risulta strano quello che sto scrivendo è per un motivo molto semplice:
non riesce a staccarsi dalla suddivisione didattica classica dell'Aikido.

Parlo di quella schematizzazione che vede l'apprendistato come un susseguirsi di tecniche.
Aihanmi-Ikkyo - Gyakuhanmi Ikkyo - Shomenuchi Ikkyo - Katadori Ikkyo - Yokomen Ikkyo.

A che grado siamo? Circa terzo kyu...

Io credo che questa schematizzazione sia il problema.
Credo che non aiuti nella progressione, ma che appesantisca soltanto l'apparato.




Credo che la suddivisione debba essere fatta per aree di lavoro, e non per tecniche.
E non mi limito a crederlo. Lo faccio.

- Costruire una struttura
- Muovere una struttura nello spazio
- Muovere i segmenti interni della struttura
- Connettere due strutture
- Rompere la struttura di uke

Sono i criteri di studio secondo i quali suddivido il percorso, adesso.
Quando insegno un Waza, mi concentro sull'obiettivo di quel Waza.

"Portare la spalla di uke nel suo punto di triangolazione."

Non sul COME.
"Muovi prima il piede destro di mezzo passo, poi tira il braccio così..."





Il come è dell'individuo. E va bene così com'è, purché rispetti dei canoni GENERALI della disciplina:
Rilassamento - Centralizzazione - Postura - Integrità - Mobilità - Economia.

Chiarito ciò, entriamo nel merito.

Qual'è il problema del troppo Kihon?
Quello di non vedere attraverso la lente, ma semplicemente la lente.

In parole povere, quello di confondere il messaggio con il messaggero.
(Chi gioca in prima base?)

Come leggere le parole del mio blog e contare il numero di puntini, invece che concentrarsi sul concetto.

(Chi gioca in prima base!)

E restare talmente invischiati nel kihon dei puntini, da non riuscire a vedere che, sebbene la regola sia di 3, utilizzarne di più, a livello comunicativo, marca una pausa più lunga, sottende un concetto più esteso.

Ma per qualcuno i puntini sono solo tre.
Le forme di Ikkyo sono solo cinque.
L'aikido è composto da 23 tecniche.
Io faccio giusto e tu fai sbagliato.
E la mia banca è differente.

(CHI GIOCA IN PRIMA BASE??)







PS: a proposito del "LIBBRO", consiglio QUESTA divertente storiella!

5 commenti:

  1. In nessuna disciplina marziale sportiva si studiano così i kihon, se non in modo marginale e limitato a combinazioni, ma sempre insieme ad una pratica libera ed istintiva.
    Naturalmente in una disciplina come l'Aikido(non avendo gare) si può fare ciò che si vuole(è un'affermazione non una critica).
    Ma sorrido quando sento qualcuno dire che il suo è più vero di un altro.
    Come sorrido di tutte le diatribe sui kata nel Karate.
    Una cosa è la storia della disciplina con tutte le sue metodologie, tradizioni e riti, altro la teoria dell'allenamento e l'efficacia/efficienza di un metodo didattico piuttosto di un altro.
    Un praticante Thai o di qualsiasi AM dove si combatte, è "pronto" per l'obiettivo...il combattimento( anche se male, ma comunque è pronto), ha migliorato il suo fisico, trasformato le risposte istintive del suo corpo in qualcosa di tecnicamente migliore, aumentato la reattività, il fiato etc.
    Un aikidoka allenato da sei mesi di kihon cosa ha migliorato? Cosa è capace di fare naturalmente?
    Così un karateka che avesse fatto solo kata?
    Hanno appreso le basi coreografiche di qualche movimento, nient'altro.
    Quindi l'importante sarebbe comprendere l'obiettivo che vogliamo raggiungere e il tempo che abbiamo.
    Basterebbe non confondere questi parametri, dare informazioni oneste e non ci sarebbero incomprensioni.
    Ma che non mi si venga a dire che kata o kihon sono sistemi allenanti però. Altrimenti vi inviterei a leggere qualche buon testo di teoria dell'allenamento.
    Marco

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  2. ho scordato la temporalità :
    Un praticante Thai in 6 mesi

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  3. Il tuo messaggio apre una discussione estremamente interessante.
    Mi piacerebbe molto che restassi in contato su questo canale, perchè la tua esperienza potrebbe aiutarci a trattare temi troppo spesso sottovalutati eppure immediati, scientifici ed onesti.
    Grazie mille!

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  4. ci sono ci sono.....
    spesso(quasi sempre) non intervengo per evitare altro, ma Vi seguo volentieri.
    Il problema è riuscire a dibattere i temi secondo dei parametri scientifici.
    E senza fare un calderone di mille cose.
    Altro problema è l'intoccabilità dei personaggi.
    Faccio un esempio.....se dicessi che Ueshiba e Saito forse non avevano la formazione e le capacità per strutturare una didattica scientifica e performante, sarei immediatamente tacciato per eretico.
    Perchè?
    Perchè troverei persone che guai a chi glieli tocca e che non riescono a comprendere che la mia non è una critica alla persona, ma ad un metodo rispetto ad un obiettivo.
    Applicare una metodologia didattica da koryu ad una disciplina è legittimo e corretto, lo scorretto è dire che chi non applica quel metodo sbaglia.
    Scorretto perché invece di restare sconcertati, dovrebbe chiedere quale siano gli obiettivi che con quel metodo si vuole raggiungere e casomai dibattere "scientificamente" quale metodo sia più utile per raggiungerli.
    E non : il maestro diceva questo o il libro mostra tal'altro.

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  5. Marocu, non solo condivido ciò che dici, ma sono COMPLETAMENTE d'accordo con te.

    La disciplina NON è il metodo con cui la si insegna!

    Ma per poter cambiare metodo, per poter variare il percorso , bisogna che sia chiaro DOVE si vuole arrivare...

    Forse questo argomento meriterebbe un post tutto suo....

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