13 maggio 2011

Anche ed Invece


Sapete perchè è impossibile tradurre un discorso da una lingua all’altra semplicemente trovando parola per parola sul dizionario?


Perchè una lingua non è solo una collezione di parole.
Perchè due lingue non differiscono tra loro solo perchè un termine si trascrive e si pronuncia differentemente…
I termini, le pronunce, la grammatica… Quelle vengono DOPO che la lingua è già nata.
Le regole servono per poterla insegnare… Ma una lingua nasce per strada.
Una lingua è la maniera di comunicare la percezione del mondo.
Come se il mondo, quello esterno e quello interno, potesse essere spezzettato in tanti piccoli pezzetti di un puzzle ed ognuno di questi pezzetti potesse essere utilizzato per formare parole e frasi.
Solo che ogni popolo percepisce il mondo in una maniera differente, tutto qui.
Quindi una lingua è la manifestazione lessicale della percezione del sè e dell’ambiente circostante di una tribù.
Il che puzza di filosofia in maniera addirittura scontata, lo capisco.
Ma è molto meno astratto, però.
In giapponese, per esempio, la parola “Natura”, non esiste nell’ accezione che in Italia siamo soliti darle.
Per noi “Natura” è tutto ciò che rimane del mondo, tolto l’uomo e le sue opere.
In Giappone, considerare l’Uomo come avulso dall’ambiente circostante non ha senso…
A Napoli, per esempio, non si può coniugare un verbo al futuro.
“Parlerò”,  diventa “Parlarraggio”, un termine composto dall’infinito “Parlare” ed un ausiliare “Aggio”, che significa “Devo”.
“Devo parlare”. Qualcosa che è nel mio futuro….ma è un escamotage, se vogliamo.
Perchè il napoletano è molto zen, da questo punto di vista….pensa poco al domani….
Per questo non basta trovare un termine sul dizionario, perchè il tassello trovato non è la stessa porzione di mondo agli occhi delle due differenti tribù!
Ovviamente conoscere una lingua è indispensabile per comunicare…
Ma questo spezzettare il mondo circostante ed assegnargli un tassello, per quanto pratico possa risultare, ha in sè il proprio limite più grande: quello di catalogare le nostre percezioni.
Col tempo, riusciamo  a pensare ed a percepire  soltanto ciò che possiamo tradurre in parola, ciò che possiamo “etichettare”.
Comodo, ma alla lunga anche molto ,molto limitante.
Dal macrocosmo al microcosmo le cose si ripresentano esattamente identiche.
Nelle Arti Marziali trovare nomi e definizioni aiuta nella sistematizzazione e nella didattica.
Ma comporta spesso un’attitudine assoluta alla differenziazione, a barricarsi in quella che diventa un’identità distorta, a chiudere giorno dopo giorno i nostri occhi fino a renderci ciechi….
A volte, agli stages, vediamo un movimento e lo chiamiamo subito. “Ecco Ikkyo. Lo so fare!” E partiamo immediatamente con la scheda mentale “Ikkyo”, così come siamo abituati a farla e rifarla ogni giorno nel nostro dojo.
Altre volte vediamo discipline differenti che utilizzano esattamente il nostro stesso principio, ma magari lo chiamano in modo diverso…O semplicemente si vestono in un’altra maniera, dimostrando subito di appartenere ad un’altra tribù.
“Noi in Aikido INVECE facciamo così….”
ed abbiamo creato il muro, la schematizzazione, la differenza,la prigione dorata, con l’inconscia giustificazione di aver difeso la nostra “identità”…
Vedere il problema, significa già averlo risolto a metà….
Vi propongo un gioco.
 La prossima volta che guardate un nuovo maestro, che insegni la vostra disciplina o meno, provate a cercare tre differenze con quello che siete soliti fare, e tre cose in comune.
Mettiamo tre voci “INVECE” e tre voci “ANCHE”.
Scopriremo che il mondo delle Arti Marziali ha ancora in serbo moltissime sorprese!



1 commento:

  1. (Blogspot comincia a impazzire e cancella pagine e commenti. Ripubblico il commento inviatomi da Emanuele, amico ed allievo dello Stadio San Paolo):

    Emanuele ha lasciato un nuovo commento sul tuo post ""Anche" ed "Invece"":

    Caro Fabio volevo innanzitutto ringraziarti per questo blog sul quale condividi con noi i tuoi pensieri e riflessioni. Devo dire di essere stato molto fortunato a trovare subito un maestro conscio di non avere tutte le risposte,ma che al di là della propria esperienza continua a porsi e a porre ai propri allievi delle domande, rendendo così il nostro lavoro una costante ricerca e non uno sterile studio di forme e movimenti fini a se stessi.
    Per quanto riguarda la tua riflessione odierna sulla comunicazione e su come essa è allo stesso tempo fondamentale e limitante mi ha riportato alla mente le parole che lessi tempo fa dal Libro L’arte della guerra di Sun Tzu :
    “Le note musicali non sono più di cinque,
    Eppure nessuno può dire di aver udito tutte le loro combinazioni.
    I colori non sono più di cinque,
    Eppure nessuno può dire di aver visto tutte le loro combinazioni.”
    Per noi occidentali le note sono sette eppure esse si combinano creando ogni sorta di melodia.
    Tutte le visioni del mondo,per quanto diverse,derivano da soli cinque colori. Da elementi finiti,emerge una gamma infinita.
    Per me lo studio delle arti marziali non è diverso dallo studio della musica o della pittura, occorre imparare determinati schemi di base, note, colori,forme, per trascendere dal finito all’infinito, ma ciò è possibile solo dopo che si sono appresi alla perfezione tali elementi finiti.
    C’è chi si riferisce ad un elemento con un nome chi con un altro,credo che non sia importante,essi sono solo uno stadio dello studio. Comprenderli per superarli credo sia questo il fine a cui dovremmo tendere, “Divenire come l’acqua che adegua il suo movimento al terreno …
    L’essenza dell’essere divini”
    Concludo con questo brano che per me evidenzia come ,purtroppo, già all’epoca di Miyamoto Musashi questa tendenza a diversificare e a creare muri e gabbie tra le varie scuole fosse già in uso
    “Guardandoci attorno nel mondo vediamo varie arti proposte,messe in vendita come merci. Uomini che si offrono come articoli di commercio. Tra gli esperti c’è la tendenza a inventare vari trucchi e a vendere questi piuttosto che la propria esperienza reale. Questa maniera di pensare è come separare il seme dal fiore e valutare meno il seme del fiore. Li induce a vantare i propri trucchi e a mostrarli in segreto;esaltando le scuole che praticano una tecnica ben definita,cercano di trarre un guadagno proponendo e insegnando l’argomento alla moda. Per usare un Proverbio:”Una conoscenza parziale è causa di sciagura”.”
    (Libro dei cinque anelli)

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