"Una decina di anni fa, quest'episodio capitò ad una mia amica, Barbara Turchi, un'insegnante di danza-terapia che praticava anche il Taiji, come insegnato da Chungliang Al Huang, in cui il percorso di apprendimento non è basato sulla ripetizione di forme fisse, ma sulla naturalezza, sull'esplorazione del gesto e del fluire dell'energia/consapevolezza attraverso il corpo/mente.
Ad un certo punto, durante una sessione di Taiji, arrivò un praticante di arti marziali, di quelli che non guardano in faccia nessuno, per capirci.
Iniziò a parlare con la mia amica, dibattendo proprio sull'utilità marziale del suo modo di praticare.
lui:
<e che fai se ti tiro un pugno con tutta la forza?>
lei:
<Prova!
E così fece, gran pugno con tanto di kiai.
Barbara, semplicemente, iniziò a danzare libera, ed il pugno andò a vuoto, svuotando anche del tutto la capacità di attacco dell'energumeno, che si ritirò senza proferir parola.
E' un episodio che mi ha sempre dato da riflettere: evidentemente, se non ci irrigidiamo, un pugno non è altro che un piccolissimo segmento nell'infinito di un universo libero - se non cerchiamo di andarci contro con tutto il nostro impegno, è assoltamente impossibile che ci colpisca.
E' nel momento in cui ci irrigidiamo che diventiamo vulnerabili: in realtà essere o meno colpiti è qualcosa che inizia dalla nostra disposizione d'animo, dalla nostra voglia di rinunciare alla Grande Libertà per entrare in un ruolo, quale che sia."
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