1 agosto 2012

Istruire ed Insegnare e Confessarsi

Qualcuno di voi sa certamente che all'incirca un anno fa sono diventato papà.
E' strano a capirsi fino in fondo,per chi non l'ha provato, ma la visione delle cose cambia, quando sei papà.
E non vi parlo solo di responsabilità, bollette, pannolini e pupù...
Vi parlo proprio del modo di guardare le cose.
Tutto assume nuovi significati, perché viene visto attraverso nuovi occhi.
E' un pò, in grande, quello che si prova passando da allievi ad insegnanti.
Cambia il tuo modo di guardare all'Aikido, punto.



Nella mia vita ho fatto un numero incalcolabile di stages.
Ho finito una serie di libretti, li ho fotocopiati, ci ho incollato pagine nuove e le ho finite ancora e ancora.
Se mi metto a pensare a quanto ho speso, in termini economici, mi metto letteralmente a piangere.
E se mia moglie scopre perché sto piangendo, mi obbliga a fare seppuku seduta stante...



Riguardo quelle firme ad una ad una.
Ricordo molti degli stages fatti, per dettagli tecnici, sensazioni di allenamento e situazioni più o meno divertenti vissute sul tatami e fuori da esso.

Adesso,per cortesia, chi non mi conosce bene mi faccia il piacere di uscire piano piano, senza sbattere la porta, perché facilmente potrebbe travisare il senso delle mie parole.

Bene.
Ora che siamo rimasti tra intimi, lasciatemi fare una confessione.

Tutte quelle firme, litri e litri di inchiostro sui libretti e sui tesserini, ascoltatemi bene, non vale una notte passata a studiare taisabaki con mio padre sui tappeti del salone di casa.





E, ovviamente, non è una questione tecnica.

Vedete...rischio di sembrare eccessivo, e forse lo sono davvero, ma ciò che ricordo di quegli stages è che il viaggio, il soggiorno e l'allenamento, mi hanno insegnato l'Aikido.
Ho imparato le tecniche di base e le loro variazioni, le azioni dogmatiche e quelle più estreme, i kumitachi col bokken ed i kata di jo...
Ho riempito pagine di appunti ed ho riempito il mio cervello di nozioni più o meno importanti.
Badate!
Non ne rimpiango nemmeno uno.
Se non avessi fatto quelle esperienze, non sarei come sono oggi...

Ma ripetere i movimenti del corpo in piena notte, con il tuo maestro che ti corregge la postura, con un cd al minimo volume, scherzando un po' sugli errori ma bacchettandoli uno per uno...
ti insegna ad AMARE l'Aikido.



Credo che questa sia la differenza tra insegnare ed istruire.
Un istruttore ti illumina su cosa devi fare, illustrandoti i passi, uno dopo l'altro, per arrivare dal punto A al punto B.
Un maestro ti insegna a camminare lungo la Via, senza aver paura dei tuoi passi, riempiendoti di curiosità per ogni angolo di essa, dal più buio al più luminoso, e caricandoti di gioia per ogni scoperta, per ogni fiore,per ogni sasso, per ogni buca trovata passeggiando senza fretta.
Con la consapevolezza che quella passeggiata durerà tutta la vita...

5 commenti:

  1. "... è che il viaggio, il soggiorno e l'allenamento, mi hanno insegnato l'Aikido."

    indubbia verità...dalla quale non si può prescindere

    "Se mi metto a pensare a quanto ho speso, in termini economici, mi metto letteralmente a piangere."

    Questa anche è una verità, ma si può migliorare per fortuna e andando avanti si ottimizzano le spese. Il problema è che quelli come noi sono un po' tardi a capire...

    "Un maestro ti insegna a camminare lungo la Via"

    vero, e spesso il Maestro che ci illumina non pratica neanche aikido. Forse perchè L'Aikido non esiste o almeno non esiste come comunemente viene descritto e praticato. Magari tuo padre ti ha insegnato come padre e non come aikidoka ed è per questo che è stato efficace.

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  2. Penso che tu sia uno degli aikidoka che più incarnino il pensiero di un Aikido Vivo!

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  3. Benvenuto nel mondo dei papà.

    La mia ex bambina, ora 18enne, con papi 2 dan e mamy 1 dan mai ha voluto
    neanche provare a praticare AIKI. Sarà il karma? bohhhh.

    Piccolo dispiacere in un mare di soddisfazioni, auguro uno splendido 'cammino' con tuo figlio anche a te.

    Salutoni Danilo

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  4. è l'incontro, l'apertura e la disponibilità verso l'altro da sè, anche nella sua accezione più lontana (il "nemico"), che illumina il senso di un percorso nell'aikido... E chi meglio di un padre è capace di farlo?
    Quello che hai scritto, Fabio, è per me principalmente un atto di grande tenerezza, fatto da un budoka che merita, anche per questo, tutto il mio rispetto.

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